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Dabadub: l’intervista

19-06-2015 Haile Anbessa

Dabadub: l’intervista

Abbiamo avuto modo di intervistare nuovamente gli aquilani Dabadub alla vigilia dell’uscita del loro nuovo album. Vediamo cosa ci ha raccontato la voce femminile della band Mary.

Haile Anbessa: che cosa è cambiato rispetto a La Forza de Sta Musica, il vostro precedente album?

Mary: l’album precedente “la Forza de sta musica”, uscito nel 2011 con un’etichetta discografica, ha segnato abbastanza la nostra esperienza personale, a causa di una serie di sfortunati eventi che ci hanno quasi condotti sul sentiero del “non ritorno”; abbiamo investito molto su quel progetto ma chi ci avrebbe dovuti tutelare ci ha invece ingannati. Questo però non è stato un punto di conclusione bensì un nuovo inizio, perché questa brutta esperienza ci ha dato la forza ed il coraggio di credere davvero in noi stessi: è così nato JAMROCK RECORDS, laboratorio creativo e studio di registrazione. Ovviamente tutto ciò ci ha portati ad una maturazione che ci ha permesso di realizzare questo nuovo CD, con tutta la calma che un tuo studio ti concede, che racchiude il nostro percorso musicale e personale.

H.A.; questa volta quali sono i nomi coinvolti nel vostro recente progetto?

M.: hanno collaborato al nostro progetto artisti della scena reggae italiana, come Ulisse Minati, producer romano che ha curato la produzione di alcuni dei riddim prsenti; Treble Lu Professore, storico fondatore dei Sud Sound System nel featuring “Musica”; Gioman da Catanzaro in “Reggae Suona” e Junior Sprea da Milano nel singolo che ha anticipato l’uscita dell’album, “Un altro mondo è possibile”.

H.A.: come potreste definire il vostro percorso artistico fino ad ora?

M.: questi quasi 10 anni trascorsi facendo della musica reggae la nostra missione, ci hanno regalato delle emozioni uniche e irripetibili; abbiamo avuto l’onore di condividere il palco con nomi importanti del panorama nazionale ed internazionale, ma prima di tutto, abbiamo avuto la grande fortuna di conoscere persone fantastiche, realtà che sarebbe stato un vero peccato non vivere, anche se magari solo per una sera. Siamo sempre rimasti uniti, evitando guerre inutili, fermamente convinti che non debba esserci ipocrisia quando si sceglie di vivere per un genere musicale come il reggae, che è musica si, ma prima di tutto è messaggio e quel messaggio non può esistere solo sul palco, deve fare parte di te, della tua individualità

H.A.: quale è la vostra valutazione della musica reggae allo stato attuale? Cosa vi piace di più e di meno?

M.: è un dato di fatto purtroppo che il reggae, negli ultimi anni, abbia un po’ perso quella presa che in tempi passati ha avuto anche su chi non era prettamente un cultore di questo genere. Nell’underground, nonostante le moltissime difficoltà, il movimento però continua ad esistere, ad ardere, ad infuocare le danz. Abbiamo assistito oltretutto ad un inversione di tendenza che ha condotto la maggioranza a preferire sonorità più dancehall rispetto alle classiche del roots, fortunatamente però questa ondata sta lentamente regredendo e molti artisti, internazionali e non, hanno ricominciato a produrre tune favolose, che hanno forse qualche possibilità di restare nella storia. Sicuramente la vita non è facile in questo periodo storico per chi come noi, oltre a produrre propria musica, organizza eventi invitando ospiti del panorama internazionale, perché i cachet restano sempre troppo alti rispetto all’indotto che le serate portano. Questo però non ha fermato tutte quelle bellissime realtà che amano e respirano musica reggae: in moltissime città, nonostante questa crisi, si continua a crederci e combattere per mantenere vivo il movimento, non con poche difficoltà…il nostro rispetto va prima di tutto a loro!

H.A.: e all’estero, perlopiù in Giamaica?

M.: in Giamaica ovviamente il percorso è stato lo stesso, il reggae made in italy ha semplicemente “preso esempio”; siamo stati bombardati da musica che ha poco a che vedere con la natura e il messaggio del reggae, anzi, possiamo dire che il messaggio per parecchio tempo è stato esattamente l’opposto! Tutto ciò però ovviamente riguarda solo una parte degli artisti presenti nel panorama: tante sono le tunes uscite negli ultimi due anni che hanno lasciato il segno, riproponendo le sonorità e gli argomenti che amiamo; sono nati nuovi fantastici artisti che hanno ridato, dal mio punto di vista, dignità a tutto il movimento. Sicuramente la vita non è facile in questo periodo storico per chi come noi, oltre a produrre propria musica, organizza eventi invitando ospiti del panorama nazionale edinternazionale .

H.A.: cosa vi piacerebbe sperimentare che non avete già provato? Altre commistioni?

M.: per il futuro non abbiamo ancora una chiara idea di cosa sperimentare, ci godiamo per un po’ i frutti di questo ultimo lavoro, ma il riposo durerà poco; da settembre ricominceremo a produrre, cercando sempre di tenere la mente aperta ad ogni collaborazione o iniziativa, ma di una cosa siamo certi: il prossimo album, quello successivo e così via all’infinito, sarà di nuovo un album reggae, non abbiamo nessuna intenzione di snaturarci per seguire le mode…ne ora ne mai!

H.A.: vi vedremo in giro quest’estate in giro per l’Italia a promuovere il disco?

M.: abbiamo già moltissime date fissate per promuovere il disco, inizieremo il 20 Giugno a L’Aquila con la presentazione ufficiale, ad Agosto andremo di nuovo in Svizzera, chi fosse interessato può tenersi informato sulla nostra pagina di Facebook.

H.A.: progetti futuri?

M.: il nostro primo obiettivo è sicuramente la crescita di JAMROCK RECORDS, laboratorio creativo, studio di registrazione, da noi ideato nel 2012, nato prima di tutto come forma di aggregazione in un territorio come il nostro che ne ha dimostrato più volte la necessità; realtà sociale e culturale in cui i giovani talenti possono provare ad esprimere se stessi e le loro attitudini artistiche. Ci auguriamo il meglio in questo senso, per il resto, come è sempre stato, ciò che ci interessa è girare il più possibile, conoscere nuove bellissime realtà, rimanere sempre noi stessi.