HOTMC

Intervista a Puppagiallo

19-11-2013 Haile Anbessa

Intervista a Puppagiallo

Hotmc intervista Puppagiallo, la band del veterano del reggae italiano Gialloman.

Partiamo dal tuo ultimo disco. Mi parli di Man?

Giallo Man: Questo album è il seguito di un discorso cominciato con il precedente “Crossroad”, e musicalmente raccoglie in sintesi tutte le esperienze vissute dai singoli membri del gruppo. Il sound prevalentemente reggae, si colora di R & B, Funky, talvolta di Jazz…questo anche grazie ai diversi percorsi che ci hanno portato fin qui, come uomini e musicisti. Ognuno di noi ha contribuito generosamente con il proprio particolare tocco. Siamo partiti dalle fondamenta della musica jamaicana rivisitando attraverso le nostre sonorità 4 “classici” di Studio One, sui quali ho scritto e cantato testi in italiano. Altri brani si ispirano al “roots” e “nyabinghi” che amiamo, altri ancora sono l’ espressione libera del suono che ci unisce nella diversità. E’ un disco genuino, dal suono asciutto e caldo, ed è il risultato di anni di militanza nel reggae e di esperienze acquisite sui palchi ed in studio, in effetti il risultato è molto fedele al sound che poi esce nel live set.

Che featuring ci sono all’interno dell’album?

Giallo Man: Mistaman ha cantato per la “Libertà” nell’ Italia di oggi che io ritraggo in lacrime. Ha trasformato la violenza delle armi in parole di speranza per chi resiste nella lotta e viceversa per chi è responsabile di sabotaggi e censure. Ilenya, voce femminile degli “Ska-J”, ci ha regalato un tocco di “swing” nel brano “Dove6”, in cui è presente anche Ghemon, un campione, a parer mio, della lingua italiana e nei cui testi, ascolto dopo ascolto, scopro nuovi e molteplici significati. Nella composizione di questo ultimo brano c’è lo zampino di Frank Siciliano: la primissima versione è stata registrata sopra un suo beat, che poi ho riarrangiato e suonato con la band, per dare coerenza all’ intero disco. Big Mike è il talento nostrano che apprezzo per la schiettezza dei contenuti e che ho ospitato in “Boyfriend”. Partendo da un episodio di vita reale abbiamo giocato a fare i rivali in amore, e la sua presenza è stata molto stimolante per me. Molti altri amici musicisti che stimiamo hanno impreziosito il sound generale con calore umano, alcuni anche solo per un un coro o intro, altri con tracce di strumenti vintage, ed è un piacere poterli ringraziare tutti nei crediti.

Mi parli del singolo Microfono?

Giallo Man: “Microfono” è un brano che racconta le compagnie con cui siamo cresciuti e ribadisce quanto sia stato importante per noi l’approccio alla musica. Quando abbiamo cominciato a far musica seriamente (parliamo degli anni ’90), molti dei nostri coetanei ed amici, sceglievano strade diverse: le discoteche, l’alcool, l’abuso di droghe. Mentre la techno music nei rave party invitava a spingere sempre di più sull’acceleratore, noi abbiamo scelto il reggae…o forse il reggae ha scelto noi: questa musica lenta e calda, carica di spiritualità, ci ha fatto andare in direzione contraria, fornendoci un motivo in più per vivere la vita in modo sano e naturale! Questo brano è quindi un inno alla musica intesa come veicolo di positività ed unità!

Sei uno dei pionieri del reggae in Italia. Mi racconti come hai cominciato?

Giallo Man: Ho iniziato come chitarrista dei “Rasta&Basta” e a fare i primi “toasting” sulle versions dei 45′, ispirato dal grande U-Roy ( i miei coinquilini non ne potevano più di ascoltarlo da quanto lo pompavo!). In quel periodo Pitura Freska e poi Radio Rebelde (di cui Broderdi era leader) iniziavano a fare concerti e spargevano un sacco di vibes in città! Per diversi anni ho girato coi “Tribù”, che mescolavano dub e atmosfere indiane, sitar, tabla etc.. Grande scuola è stata l’ esperienza con il gruppo “Kito Roots”, in cui già suonavano Tatu (tastiere), RasConga (percussioni e cori) e General (batteria e cori), di cui vorrei ve ne parlasse il nostro batterista, che ha sempre un ottimo “flow”.

General: Amo la musica da sempre, e ho cominciato a suonare la batteria verso la fine degli anni ’80, con varie band locali tra le quali i “Kito” nel 1992. E’ lì che abbiamo cominciato a comporre ed a scrivere brani. E’ stata una vera e propria palestra…suonavamo in una grande stanza, spesso anche per sei ore di seguito! Le atmosfere erano solari e 8 elementi creavano un roots-sound sanguigno arricchito da percussioni di ogni tipo…cominciammo a lavorare sulle armonie vocali, ispirandoci ai grandi gruppi jamaicani come, Wailing Souls, Israel Vibrations, The Meditations e tanti altri…i frutti di quell’esperienza magica sono racchiusi nel sound del nostro ultimo lavoro!

Parlami dei Puppagiallo. Come è nata la band, da quanto suonate assieme?

General: I “Puppagiallo” nascono tra il 2008 ed il 2009. In realtà è stata come una reunion di vecchi amici… qui a Venezia c’è sempre stata una forte collaborazione tra musicisti, anche di estrazioni diverse, e quindi ci si conosceva già molto bene. Giallo Man aveva dei pezzi nuovi, molto interessanti, che poi son quelli contenuti in “Crossroad”, così abbiamo cominciato a lavorarci insieme, e piano piano ci si accorgeva che ne usciva qualcosa di diverso dal solito…non c’eravamo prefissati un filone musicale preciso da seguire, suonavamo liberamente lasciandoci trasportare dall’istinto e dalle emozioni. Il risultato ci ha colpiti in maniera molto positiva ed abbiamo proseguito per questa strada, pur subendo alcune modifiche nella formazione che hanno rallentato un po’ i ritmi di lavorazione dell’album, ma cosa vuoi…nei gruppi è normale.

Come ti sei innamorato del reggae? Come sei entrato in contatto con questa musica?

Giallo Man: Un giorno, per caso, mi è capitato per le mani un libro che raccontava la spiritualità Rastafari e, leggendo le sue pagine, ho sentito grande vicinanza con questa cultura e la sua gente. Al resto ci ha pensato “Survival”: quando ascoltai il vinile di Bob Marley & the Wailers mi innamorai definitivamente del suo accento in levare. Non potrò mai ringraziare abbastanza l’amico collezionista Carlo Pistacchi che mi offrì il privilegio di ampliare l’orizzonte attraverso ascolti di artisti meno conosciuti, bootleg ed edizioni rare.

General: Ricordo che quando comprai “Babylon by Bus” avevo 14 anni circa…Ero già un divoratore di musica in generale, e prediligevo i cantautori…magari non riuscivo sempre a captare il significato dei testi, d’altronde ero un ragazzino, ma capivo che dicevano delle cose forti, importanti, affrontando temi riguardanti il sociale…A casa arrivavano tanti dischi, e tra questi arrivò “Legend” di Bob Marley…fu subito amore. Mi innamorai di quel ritmo, comprai i miei primi lp di altri artisti reggae, qualche libro, e capii che i testi non erano poi così diversi da quanto avevo ascoltato precedentemente, pur essendo legati al movimento Rastafari, raccontavano un popolo…Il Reggae è la voce del popolo, come lo sono in un certo senso i nostri cantautori. Questo mi fa capire che evidentemente, c’è sempre stata dentro me la voglia di ascoltare cose vere e sincere, come il Reggae!

Parlami dei tuoi esordi e della scena veneta in cui hai mosso i primi passi..cosa ti ricordi di allora?

Giallo Man: A quei tempi, parliamo dei primi anni ’90, c’era un grande fermento. Venezia offriva molte opportunità per noi musicisti, ed in quasi tutti i locali si suonava dal vivo. I giovani apprezzavano molto questo, il vicinato forse un pò meno!!! I generi musicali che andavano per la maggiore erano il funk, il soul, il blues, il jazz, ma soprattutto il reggae…In quegli anni il successo crescente dei Pitura Freska faceva un pò da traino e dava l’input a molti nuovi gruppi. Delle formazioni appartenenti al Reggae Movement nostrano si ricordano, oltre ai Pitura Freska, i Radio Rebelde che presentavano un repertorio originale basato su ritmiche ispirate al british reggae, con grandi aperture dub molto coinvolgenti e liriche spesso impegnate anche sul sociale. Ho già parlato dei Kito Roots e non dimentichiamo i So Vibes, una formazione composta da elementi dei tre gruppi sopra citati che offriva un repertorio a base di standards jamaicani in chiave reggae – rock steady. Le “Fighting Sisters” erano un ensemble tutto al femminile che ha incontrato un rapido favore di pubblico e che personalmente ricordo per la freschezza di arrangiamenti e testi. Della scena veneta voglio citare anche “Zoozabumba”, in un certo senso i fratelli funky dei Pitura, con i quali condividevano alcuni musicisti e l’uso del dialetto per le liriche spiritose e sostenute da una ampia sezione fiati. La scena era veramente ricca e ricordo altri protagonisti delle nostre notti in levare: King I-Roll, Mixtury, Wadada, Dub-o-logist.

È vero che di lavoro fai il “menestrello” sulle gondole di Venezia con la tua fisarmonica? Mi racconti di questa esperienza?

Giallo Man: Canto le serenate a bordo delle tipiche imbarcazioni che attraversano i canali della mia città accompagnato da un fisarmonicista o un chitarrista. E’ un onore rappresentare la tradizione musicale italiana e della mia città agli innamorati e ospiti che arrivano qui, ed è emozionante far rivivere melodie antiche, a volte, anche centinaia d’anni. La serenata tradizionale non prevede l’uso di amplificazione e si colora di riverberi e riflessioni ambientali che certi materiali, soprattutto il marmo, offrono naturalmente.

Anche General è un cantore nelle gondole e magari può aggiungere qualcosa.

General: Fare le serenate in gondola è un lavoro bellissimo, e di una certa soddisfazione. Il repertorio è composto al 90 % da canzoni e barcarole veneziane, l’altro 10 % è invece riservato ai brani classici italiani o internazionali e viene eseguito quasi sempre su richiesta del pubblico. I pezzi più gettonati sono (Nel blu, dipinto di blu, Besame Mucho, Santa Lucia, Al di Là, e tutto il repertorio partenopeo classico in generale). Personalmente, prima di intraprendere questa nuova esperienza, non avevo mai valutato nemmeno l’ipotesi che questo potesse diventare un lavoro per me. La mia formazione musicale non aveva nulla in comune con il folk veneziano, ma ricordo molto bene, ed oggi la ritengo una fortuna, che da bambino assistevo spesso a vere e proprie serenate tra calli e campielli (mio nonno materno faceva parte di un coro di barcarole tipiche), e probabilmente quelle vibrazioni mi hanno lasciato un segno. Sentivo queste musiche ogni qual volta ci fosse una festa paesana, una regata, ma senza provare molto interesse. A distanza di anni mi son dovuto ricredere. Ci sono dei brani del nostro repertorio folk, molto belli ed intensi, che parlano d’amore e sono pregni dei sapori e dei colori della nostra splendida laguna. Esiste anche un’altra frangia della musica folkl veneziana, che è legata ad un contesto più recente, ed è quella del “Canzoniere Popolare Veneto”, che con grandi interpreti come Alberto D’Amico, Gualtiero Bertelli e Luisa Ronchini, metteva in piazza una Venezia diversa da quella romantica raccontata nelle barcarole, una Venezia con tutte le problematiche, come l’acqua alta, la fame e la povertà, il duro lavoro e lo sfruttamento dei “padroni”. Questo discorso è continuato con i Pitura Freska ed oggi vede in prima linea personaggi come Big Mike e Giallo Man!

Come vedi il reggae in futuro?

Giallo Man: Da quando conosco questa cultura assisto ad una sua continua espansione e i valori che porta con se sono conosciuti oggi in tutto il pianeta. Aggiungo poi che l’ evidente fallimento del sistema economico/ babilonia, così come lo abbiamo conosciuto fin ora, rende prepotentemente attuali le parole di Bob Marley e compagni e rivela il carattere di profezia delle sue visioni, una volta sostenute da pochi e ora ampiamente condivise. Le liriche che accompagnano il reggae più autentico sono caratterizzate da una lucida testimonianza della realtà unitamente alla fede nei propri mezzi. E’ un atteggiamento che apprezzo molto e che quindi è insostituibile quando ho bisogno di quel tipo di meditazione per la mia giornata: è la musica che parla dritta alla mia anima!

General: Credo che il reggae abbia visto il suo periodo migliore a cavallo tra gli anni ’70 ed ’80. Ha avuto una grande evoluzione, ed ha contaminato la musica di tutto il mondo. Moltissimi artisti hanno cercato di tingere la loro musica con i colori del reggae. In questi ultimi anni ho l’impressione che sia proprio questa musica a cercare contaminazioni diverse. Le sonorità del reggae oggi sono molto simili a quelle del pop e del r & b americano…e un pò questa cosa mi ha deluso. Il messaggio ed i contenuti sono sempre molto forti e ricchi di spiritualità, ma dal punto di vista prettamente musicale, ho l’impressione che i jamaicani, per anni percursori di stili e suoni, abbiano un pò rallentato il passo…Detto questo credo che il reggae non morirà mai… è una musica che da anni ha preso piede in tutto il mondo. Ci sono gruppi che suonano reggae in ogni parte del pianeta, segno che il messaggio di pace, amore e unità non ha colori, ed ha superato ogni barriera!