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Enema SDO & Hysteriack: l’intervista

19-07-2020 Luca Gissi

Enema SDO & Hysteriack: l’intervista
Jay-z in America è un uomo d’affari, in Italia chissà cosa sarebbe stato.

Uno dei fenomeni musicali più importanti degli ultimi anni per chi segue questa musica è l’apparizione del nuovo stile portato in alto dal collettivo Griselda e affiliati, capaci di avere rime provocatorie, zero ritornelli, sample sporchi, personalità al limite e il rispetto di tutti i big della scena. Alla fine portano semplicemente il rap al succo del discorso, facendo parlare solo le loro barre spietate. La portata del fenomeno è stata intercettata anche qui da noi: tra gli altri che compongono questa piccola scena underground troviamo Enema e Hysteriack, due ragazzi da Salerno e Roma a cui interessa solo rappare senza troppe velleità. Omicidio Gucci, il loro ultimo disco fuori da poco più di un mese per Stoned Saints Records, segue questo stile ma senza essere una copia carbone; anche questa chiacchierata che ho avuto il piacere di fare dimostra il loro carattere: questi ragazzi non hanno peli sulla lingua.

Luca Stardust: Partiamo con la più classica delle domande, come vi siete conosciuti e perché un disco insieme?

Hysteriack: Ci siamo conosciuti sui social in realtà. Mi aveva scritto che era gennaio o comunque già quest’anno, e ci siamo presi subito in simpatia per gli ascolti in comune. Da lì si è creata la situazione per dire facciamo un disco insieme, lui aveva già l’idea di questo disco e mi ha tirato dentro;

Enema: Io avevo questa idea di questo EP molto semplice partito dal fatto che avevo seguito il filone Griselda.

L.S.: Il concept generale gira attorno all’omicidio Gucci che ovviamente fa solo da sfondo al tutto, per completezza però da dove viene fuori questa idea?

E: È partito tutto da un incontro fatidico con D.Ratz, colui che ha curato la copertina. La sua idea era fare un disco incentrato sulla figura di Patrizia Reggiani, mandante dell’omicidio Gucci per motivi di gelosia. Appena me lo ha detto ho pensato subito facciamolo, culto, e poi Stoned Saints Records mi ha dato la possibilità di pubblicarlo su Spotify, varie piattaforme e di produrlo in generale. Il concept però si è evoluto inserendo tutto il caso di cronaca perché solo su Reggiani era limitato. Hysteriack è volato, lui ha scelto gli skit, abbiamo fatto brutto sulle basi, sulle strofe ed è partito tutto.

L.S.: Come anticipavi prima il disco si ispira in buona parte a Griselda e tutto quel “nuovo” filone americano. Da dove nasce questo culto?

H: Griselda è una realtà che mi ha colpito soprattutto dal primo Flygod in poi, dal minimalismo dei beat, dai suoni compressi e dai campioni. Mi ha colpito come loro sono usciti come avanguardia propendendosi con qualcosa di molto minimale a differenza delle sonorità trap strutturate diversamente. Si sono opposti riprendendo campioni classici e con uno stesso sound molto classic che rappresenta la loro attitudine nella vita reale sostanzialmente;

E: Ma a parte che del filone Griselda la gente non ha capito nulla, perché si pensa campione, sample, drum e dicono questa qua e roba anni ‘90: non credo proprio. C’entra poco e nulla con il rap di quel periodo tranne che per l’attitudine hip hop, il raccontare il quartiere, la città. Anche questo è da sdoganare perché c’è Action Bronson che non parla di violenza, stessa roba di Roc Marciano, quindi anche i temi in realtà sono diversi.

L.S.: Comunque è un nuovo filone che ha i suoi argomenti ben specifici;

E: Sì sì assolutamente, uno può dire il cazzo che gli pare sul beat però deve saperlo fare bene, non è che puoi dedicare la canzone alla tua ragazza;

H: O se lo devi fare lo devi fare bene.

L.S.: Anche altre realtà da noi hanno preso questo stile a noleggio, ad esempio MxRxGxA di cui nel vostro disco troviamo anche un membro, il giovane Armani Doc. In Italia quindi?

H: Sicuramente loro hanno fatto un ottimo lavoro qui in Italia, loro come Creep Giuliano, Roma Guasta già dal 2017, comunque siamo lì;

E: È giusto portare un filone che sia diverso da quello che va anche per dare più scelta all’ascoltatore.

L.S.: Per questo non è un lavoro che segue le tendenze e nei testi gli va contro, spesso con ironia che da noi troviamo sempre poco: può essere che l’underground si prenda troppo sul serio?

H: Siamo molto spontanei e diciamo un sacco di cazzate sempre e si riflette in quello che scriviamo anche perché in un discorso non si può essere sempre pesanti quindi bisogna anche usare l’ironia. Forse è un problema dell’underground che si prende troppo sul serio.

E: Questo argomento lo affronterò sempre. Come stai dicendo tu persino gli emergenti stanno dando il peggio: c’è gente che se la tira per niente e si prende troppo sul serio. Ho avuto un mezzo scazzo con una persona un po’ di tempo fa che abita qui vicino e tutto nasce dal fatto che si prendono troppo sul serio, che devono spararsi le cose su Instagram. Cominciano a dire sono il miglior rapper del mondo; fin quando non sei Jay-z forse non ti puoi permettere ti dire sono meglio di un altro che effettivamente ha fatto qualcosa nella sua vita.

Io penso che se qualcuno non ha mai ascoltato un pezzo di quel filone americano, Griselda ecc., non credo che potrebbe capire la sonorità e direbbe o che non è innovativo oppure che è sempre la solita roba anni ‘90

L.S.: Pur essendo molto sviluppato a livello di rime, una cosa che nel disco viene sempre evitata è il tecnicismo nel senso più italiano del termine, fortunatamente;

H: Capisco bene cosa dici. In realtà io prima rappavo molto tecnicamente solo che poi io stesso mi sono rotto le palle di questa cosa;

E: Idem;

H: A una certa tu provi e ti incastri sul fare gli incastri con le parole non risolvendo nulla, non si capisce quello che dici e forse non lo hai capito manco tu (ride, ndr). Quindi sostanzialmente ti parlo di anni fa da allora ho fatto questo switch, poi soprattutto dagli ultimi lavori ho cercato di lavorare sull’incisività, un po’ di tecnica deve sempre esserci però è inutile ricercare l’estremismo.

E: Sentii un ragazzo che pubblicò un freestyle su Instagram che faceva tipo “vado a trans con le vans, le avance” ma che cazzo stai dicendo fra. In Italia non si è capito un cazzo di rap perché tutti vogliono fare questi incastri inutili e poi alla fine dicono zero. Arrivano a fare 23mila incastri nelle barre e alla fine il nulla;

H: Ci sono quelli bravi a farlo che ovviamente togliamo dal discorso, però la ricerca disperata del tecnicismo quando non ce n’è bisogno un po’ stucca per usare un eufemismo;

E: Se tu incastri tre quattro rime in una barra ci sta, può essere anche una casualità e trovi la parola giusta, magari trovi quella musicalità del testo, è molto orecchiabile e piacevole. Però se devi fare incastri forzati di 250 parole in 20 barre meglio di no;

L.S.: Tornando al disco, l’ultima traccia Paola Franchi si distacca dal resto, con un approccio molto più intimo che spezza il mood. Da dove nasce un pezzo così sentito?

E: Tutta parte dal beat mandato da Slam che mi ha molto affascinato, all’inizio mi sembrava un po’ troppo veloce e l’ho abbassato, ci ho iniziato a scrivere molto flusso di coscienza. Poi il beat accompagna una scrittura molto introspettiva in cui parlavo di una certa situazione, un periodo un po’ così. Non potevo che onorare questo tappeto;

L.S.: Per le basi in generale com’è andata?

H: Benedetto Ceraulo l’avevo già prodotto e avevo campionato una specie di poliziesco francese; poi ho prodotto anche Maurizio Gucci e pure quella ho mandato subito Enema, l’ultimo che è Paola Franchi lo abbiamo scelto per ultimo. Alla fine poco dopo avergli mandato le basi aveva già impostato tutto lo stile del disco, c’ha messo veramente poco ed è stato un bel lavoro anche per la serietà mostrata dalla seconda parte;

E: Io invece ho prodotto Patrizia Reggiani ed Eb110. La prima sicuro è preso da una soundtrack francese, la seconda da un horror italiano.

L.S.: Quindi al soul preferite le colonne sonore?

E: Sì assolutamente, le colonne sonore sono la base del nostro rap e almeno per quanto mi riguarda vedo sempre a prendere da lì.

L.S.: Qualcosa nel disco sarà sicuramente legato al periodo di quarantena, a che punto eravate e se ha cambiato qualche equilibrio;

H: In realtà ha velocizzato il tutto, io ho avuto finalmente il tempo di registrare tutto, ho rimandato tutto ad Enema, abbiamo raccolto tutto, abbiamo mixato e lui masterizzato il disco, tutto durante la quarantena e tutto entro i primi di maggio. È stato figo anche lavorare a distanza e abbiamo cercato di unire i nostri due punti di vista come sound engineer per creare una cosa che seguisse quel filone ma che avesse comunque un suo stampo.

L.S.: Tralasciando un attimo il disco, per il futuro prossimo cosa ci si può aspettare da questo nuovo movimento underground e, rimanendo su di voi, se state già a lavorando ad altro;

E: Non sta uscendo quasi più nulla di interessante a livello importante. Chi sta uscendo lo fa spesso con la solita plasticata, sponsorizzato da chissà quale giornalista musicale nel panorama social che non capisce niente di musica. Per quanto mi riguarda sto lavorando ad un altro disco e svariati featuring;

H: Il discorso che fa Enema è giusto ma dico anche che secondo me molto persone per differenziarsi non si sponsorizzano, il problema però è che gli algoritmi uccidono chi non fa queste cose. Oggi trovare gli emergenti è molto più difficile paradossalmente di sette/otto anni fa, dove io penso di aver sentito non so quanti emergenti e mi divertivo proprio a fare questa ricerca. In generale vedo poco o nulla di entusiasmante sempre i soliti tra cui alcuni che conosco. Il problema dell’underground in generale è che si cerca di fare troppo quello che fa il mainstream, prima non era così, eri underground proprio perché cercavi di fare un’altra cosa e poi alcune di queste cose sono diventate mainstream col tempo, com’è giusto che sia.

L.S.: Forse c’entra col fatto che molti ragazzi non hanno capito bene il meccanismo di sponsorizzazione e sperano di fare dischi d’oro da un giorno all’altro;

H: L’idea mia è che se anche ci arrivano sono delle comete nel senso che come abbiamo già visto in passato sono personaggi che vanno mezza stagione, perché la gente si stufa e passa alla prossima cosa che gli diverte che fa ancora più schifo di quella di prima. Però questo è un altro discorso (ride ndr);

E: Io concordo con lui, abbiamo visto che fine fanno questi personaggi.

H: Io non me ne preoccupo minimamente perché sia io che Enema facciamo ciò che ci pare sostanzialmente se piace bene altrimenti pazienza, facciamo altra roba che sarà sempre così. L’importante è che noi siamo apposto con la nostra coscienza, poi magari anche quella gente è apposto con la propria coscienza però noi abbiamo una libertà di dire ciò che ci pare come ci pare facendo una roba che magari non piace a tanti ma chi lo sa. In America ha già sfondato questo genere a livello di numeri magari non come i Migos per dirti, però sta arrivando, abbiamo visto già con la firma per Roc Nation e il featuring con Eminem. Le varie collaborazione che hanno fatto Griselda negli ultimi anni sono assurde;

E: Roba che in Italia non accadrà mai;

H: In Italia non potrebbe accadere neanche Jay-z;

E: Ma anche perché in Italia non c’è la cultura musicale per far sviluppare nella totalità un genere simile, almeno non come la grande fetta di pubblico che potrebbe essere in America. Italia, come Francia o Inghilterra, sono culture diverse su cui non si può fare copia incolla;

H: Quello sì assolutamente però per dirti che sicuramente qui in Italia vieni preso già meno sul serio perché sei un rapper, Jay-z in America è un uomo d’affari, in Italia chissà cosa sarebbe stato;

L.S.: Il vostro movimento almeno si rifà ad una certa cultura, quindi è una cosa che in Italia non può essere capita da un pubblico troppo esteso. Non tutte le orecchie forse, soprattutto la fascia giovanile a cui si rivolge la maggior parte del mercato italiano, sono interessate da uno stile del genere;

E: Io penso che se qualcuno non ha mai ascoltato un pezzo di quel filone americano, Griselda ecc., non credo che potrebbe capire la sonorità e direbbe o che non è innovativo oppure che è sempre la solita roba anni ‘90. A questo aggiungo che più della metà degli ascolti del disco vengono da Milano, altri un po’ da Roma, l’1% dal resto d’Italia, tutto perciò viene da là. Milano è sempre stata un po’ la Brooklyn italiana, il centro hip hop per innovazione. Qua da me che abito nella zona di Salerno l’avranno ascoltato in quattro perché ascoltano tutti neo-melodico. Fa parte del gioco ma è un peccato.