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Lele Blade: l’intervista

07-10-2019 Riccardo Primavera

Lele Blade: l’intervista

Per chi scrive, Eldorado de Le Scimmie è stato uno dei dischi più sottovalutati degli ultimi tempi in Italia. Uscito nel 2016 – con all’interno featuring del calibro di Jake La Furia, Izi, Clementino, Vegas Jones e Ntò -, il disco sanciva la maturità artistica di Vale Lambo, Lele Blade e Yung Snapp. Nonostante i risultati numerici non siano stati clamorosi, il disco ha cementato i nomi dei tre artisti nei cuori di tanti appassionati, che negli ultimi anni hanno potuto seguire lo sviluppo delle loro carriere soliste. Il periodo tra 2018 e 2019 è stato particolarmente prolifico sopratutto per Lele Blade: spesso accompagnato proprio da Yung Snapp alle produzioni, il rapper partenopeo ha prima rilasciato l’album Ninja Gaiden e poi, quest’estate, il fortunato ep Vice City, conclamato sia dal pubblico che dalla critica. Con all’interno collaborazioni di Vale Lambo, Gemitaiz e Luchè, il progetto si è rivelato un successo, in grado di combinare alla perfezione le sonorità latineggianti con l’attitudine di Lele. Lo incontro – insieme al produttore di fiducia – negli studi della Virgin Records, per farmi raccontare qualcosa del presente, del futuro e di Napoli, la città da cui tutto è iniziato e in cui tutto ha ancora un sapore speciale.

“Mi è piaciuto ricollegare l’immaginario del gioco, di GTA Vice City, a Napoli”: esordisce così, quando gli chiedo come mai questa peculiare scelta per il titolo. Vice City è infatti uno degli episodi più acclamati della longeva e famosissima saga di Grand Theft Auto, uno dei videogiochi più iconici di sempre. “Volevo collegare proprio Miami Vice, la città del vizio, con Napoli” aggiunge poi, confessandomi anche di essere molto soddisfatto di come il disco sia stato recepito. Miami è poi, senza ombra di dubbio, una delle città più “latineggianti” d’America – soprattutto a livello di percezione esterna -, e quindi il connubio tra questo immaginario e le sonorità latine protagoniste del progetto è abbastanza immediato, sebbene nelle produzioni passate di Lele Blade questo tipo di sound fosse tutt’altro che assiduamente presente. “Non ho lasciato nessun indizio di voler fare una cosa del genere, perchè è stato qualcosa di totalmente naturale” mi racconta, “è frutto di una giornata in studio in cui ho sperimentato un po’. Ho trovato lo slogan del pezzo, mi è piaciuto, mi sono divertito a realizzarlo e quindi, una volta trovato terreno fertile, ho continuato”. In effetti l’elemento del divertimento è parte integrante dell’ossatura di Vice City: a differenza dei progetti precedenti, questo ep è molto più leggero e scorrevole, non tratta temi impegnati, è più un esercizio di stile dalle tinte incalzanti e disimpegnate. “Ho scritto diversamente questa volta, per divertirmi, è un po’ uno spin off” mi dice; non manca però un argomento ricorrente, tanto qui quanto nella sua produzione precedente, ossia l’amore, declinato in diverse sfaccettature.

Da napoletano verace, legato alla tradizione, anche Lele Blade è un ottimo autore di love song, e si trova perfettamente a suo agio sia che debba scriverle in italiano che in dialetto. “Non ho trovato difficoltà a scrivere canzoni così in italiano, quindi non è che una delle due scelte sia più facile, però in dialetto forse risulterebbe meno delicato nei termini” mi spiega, dopo averci pensato un attimo, ricollegandosi proprio al retaggio neomelodico; “non escludo però che ne scriverò altre in dialetto, perchè ci sono determinati concetti che anche a volerli rendere in italiano, non si riuscirebbe”.
Parlando poi di Miami Vice, e nello specifico della parte “Vice”, ossia del vizio, finiamo per parlare della droga, e nello specifico di come nell’ep sia una figura metaforica usata sempre in senso lato, ma che ovviamente – in un contesto simile – rischia sempre di scontrarsi con l’Italia bigotta. “Nel nostro ambiente si fanno spesso riferimenti simili, è un ambiente giovane, gli ascoltatori possono capire” mi dice con molta serenità, e aggiunge che “io non uso droghe (ride), non uso droghe pesanti, magari mi posso fumare una canna; quindi la uso come paragone, come in Loco, perchè pensando al modo in cui facciamo soldi con la musica, l’unico paragone è quello”.

Finiamo a chiacchierare di Napoli, ed è impossibile negare quanto sia stato importante il loro apporto a questa nuova scena napoletana, che vede in prima linea nomi quali MV Killa o Geolier. Le Scimmie non sono fra i pionieri – la scena napoletana è una delle più longeve in Italia -, ma hanno sicuramente contribuito ad introdurre un nuovo sound e un nuovo approccio, che riverbera forte proprio in questi giovani nomi. Non gli dispiace, però, di essere arrivato forse un po’ prima del tempo? “Io penso che le cose accadono perchè devono accadere, è inutile rimpiangere. Non mi dispiace, abbiamo fatto quel lavoro e a Napoli ci riconoscono, i ragazzi ci riconoscono. A me basta quello”. Anche questa è l’ennesima riconferma che l’atmosfera e il calore del pubblico napoletano sono qualcosa di completamente diverso dal resto del paese, e lo stesso Lele me lo conferma: “questa è una leggenda che poi in realtà è verità, a Napoli lo noti già per strada. Io apprezzo molto i fan che esternano, anche se a volte diventa un po’ difficile gestire tutto”. Croce e delizia.
“Io ti dico sicuramente, è una cosa che sogniamo di fare tutti e due. Abbiamo dovuto fare queste cose da singoli, che ci hanno portato tante soddisfazioni, ma vogliamo fare una nuova roba potente insieme. Faremo una roba grossa, molto grossa, perchè altrimenti non la facciamo affatto”: è un po’ emozionato Lele Blade, quando mi confessa che lui, Vale e Snapp non vedono l’ora di lavorare di nuovo insieme come Le Scimmie. Prima di salutarci, gli chiedo – nonostante l’ep sia uscito a giugno – se ha già qualche novità in cantiere anche da solista, conscio che la sua iperproduttività difficilmente mi avrebbe portato a ricevere una risposta negativa. “Sto lavorando a cose nuove, sto studiando bene come muovermi, perchè dopo un pezzo come Loco – che ha suonato tantissimo – non è facile cercare di ripetere il successo” mi dice infatti, correggendosi però subito: “che poi io non voglio neanche cercare di bissare, non è che puoi fare tutte hit, anche perchè ti porterebbe a fare musica in modo non naturale, a pensare prima a fare la hit e poi a fare musica”. Difficile dargli torto, anzi.