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Malakay & Pherro: l’intervista

01-05-2019 Marta Blumi Tripodi

Malakay & Pherro: l’intervista

Se questa settimana ci occupiamo principalmente di contemporary R’n’B italiano, la ragione è molto semplice: finalmente anche dalle nostre parti c’è un mercato degno di questo nome, per un genere che all’estero ha sempre avuto grande dignità e ottimi risultati, sia in termini artistici che commerciali. E anche nomi nuovi e freschi cominciano ad affacciarsi sulla scena. In realtà il rapper/cantante e il producer in questione sono in giro già da un bel po’ di tempo: Malakay e Pherro si sono conosciuti in Sardegna, dove sono nati e cresciuti, e si sono avvicinati alla cultura hip hop ben più di dieci anni fa. E Pherro è un nome relativamente noto in tutta la penisola grazie alla sua collaborazione con Luché. A far parlare di loro nell’ultimo periodo, però, è stato soprattutto il loro EP VDAYS, un lavoro distribuito da una realtà sempre all’avanguardia come Thaurus, e totalmente virato sulle sonorità urban che mescolano rap, trap e R’n’B e oggi vanno per la maggiore in America, Inghilterra e Canada, ma concepito e realizzato in italiano. Un esperimento che presentava molte criticità, sulla carta: ma il risultato è solido e convincente e fa ben sperare per un avvenire lungo e ricco di soddisfazioni, per i due. Li raggiungiamo al telefono per farci raccontare qualcosa in più sul progetto. (Continua dopo il player)

Blumi: Com’è nato VDAYS?

Malakay: Circa un anno fa abbiamo cominciato a lavorare alla prima bozza di un pezzo, Vorrei, e abbiamo capito che la cosa poteva funzionare. Abbiamo fatto qualche altro esperimento e ad agosto ci siamo messi a lavorare a un vero e proprio EP, che è stato fatto un po’ one-shot: abbiamo affittato per cinque giorni una villa ad Alghero, davanti al mare, e abbiamo chiamato un po’ di amici artisti e fotografi a collaborare con noi. Il risultato è VDAYS, appunto.

B: Vi conoscevate da tanto?

M: Sì, fin da ragazzini: siamo entrambi di Sassari, che non è certo una grande metropoli. Ancora prima di fare musica insieme eravamo già amici. La scena hip hop, soprattutto nelle piccole città, quindici anni fa era molto piccola e si cercava di stare uniti.

B: La scena sarda oggi è nota a tutti in Italia grazie a Salmo e a Machete, ma vista dall’interno com’è?

Pherro: Ovviamente i numeri veri li fanno loro, nessuno si avvicina a quei livelli! Prima c’erano anche delle piccole realtà territoriali in cui era possibile suonare a livello locale, ma paradossalmente con l’esplosione del mainstream non c’è più un circuito: ci sono solo singoli artisti.

M: C’è qualche nome valido che magari riuscirebbe ad avere un seguito anche al di fuori della Sardegna, ma purtroppo non è rimasto più molto altro. Non c’è neanche la voglia di veicolare questi risultati. Per dire, Pherro come produttore ha vinto dischi d’oro e di platino, ma non c’è mai stato neanche un articolo su un quotidiano locale rispetto a questa notizia. È un peccato.

B: Il vostro EP è stilisticamente molto particolare, perché da noi non c’è ancora un vero e proprio filone urban consolidato…

M: Eravamo un po’ stufi del sound dominante di questo periodo, anche perché noi avevamo anticipato un po’ il trend: nel 2012 già avevamo preso una deriva un po’ trap, e oggi che la trap la senti ovunque, non avevamo voglia di fare la stessa cosa anche noi. Soprattutto dopo esserci trasferiti a Milano ed esserci resi conto che il mercato, da quel punto di vista, è davvero saturo. Così abbiamo deciso di provare a sperimentare; anche perché molti artisti che ci piacciono e ci ispirano hanno fatto lo stesso, negli anni.

B: Ecco: chi vi ispira, ad esempio?

P: Non tanto l’R’n’B classico, quello di Usher e di Chris Brown, perché per fare quel tipo di musica devi avere una voce incredibile, e oltretutto è un po’ datato. Probabilmente il nostro non è neanche classificabile come R’n’B. È più che altro il sound tipico della Toronto di oggi, roba tipo 6lack, Tory Lanez, Drake; musica urban, pesantemente influenzata dal rap e dalla trap.

B: Anche i vostri testi sono molto influenzati dall’immaginario di oltreoceano: metafore molto concrete, citazioni di brand, istantanee di vita vissuta…

M: Quello è sempre stato il mio modo di scrivere: quando comincio a lavorare a un pezzo di solito cerco di visualizzare nella mia mente una specifica situazione che ho vissuto, per cui mi viene molto naturale descriverla nei dettagli. In effetti, per me l’EP è una specie di diario degli ultimi sei mesi. (Continua dopo la foto)

B: Il filo conduttore di tutto il progetto è l’amore, in tutte le sue sfumature. Un tema che, fino a pochi anni fa, non era propriamente gettonatissimo né nel rap, né nell’urban.

M: Il problema della street credibility e dell’eventuale giudizio degli altri rapper non ce lo siamo proprio posto! La cosa che invece ogni tanto mi ha lasciato un po’ in dubbio, quando si trattava di decidere se pubblicare o meno un pezzo, è l’opportunità di espormi con brani così personali. Ammetto che ogni tanto ho avuto dei ripensamenti, ma alla fine ho sempre deciso di fregarmene e pubblicarli lo stesso.

P: Comunque, siamo tutti persone vulnerabili. Chi vuole far credere il contrario mette su semplicemente una maschera. Per fortuna, comunque, negli ultimi anni questo tipo di facciata si è un po’ smussata, grazie anche alla nuova scuola che ne parla in maniera più aperta.

B: VDAYS esce in collaborazione con Thaurus. Come è nato questo sodalizio?

P: Lavoro con Shablo da diversi anni, più o meno da quando ho cominciato a lavorare con Luché. Quando abbiamo iniziato a lavorare al progetto ne avevo accennato a Shablo, che per curiosità ha voluto sentire qualche brano. Gli sono piaciuti e si è offerto di darci una mano con la distribuzione e le edizioni.

B: Dal punto di vista delle vostre rispettive carriere, continuerete a lavorare insieme come se foste una sorta di duo?

M: In realtà facciamo musica insieme da una vita e dopo l’uscita dell’EP siamo anche già tornati in studio a registrare nuovi pezzi. Sicuramente continueremo su questa strada, insomma. Non sappiamo ancora se dare a questo materiale la forma di un album; l’idea iniziale era quella di fare un altro EP, ma siccome non ci aspettavamo così tanti riscontri positivi per VDAYS, ci stiamo riflettendo.

B: Cosa vi aspetta in futuro, quindi?

P: Dato l’interesse che ha suscitato l’EP in parecchi addetti ai lavori, stiamo aspettando di capire come evolve la situazione prima di decidere come muoverci. Sicuramente, comunque, uscirà qualcosa prima dell’estate.