Che la trap italiana sia diventata un genere variegato e iper-inclusivo, e che di questi tempi tutti (dal rocker melodico al cantante pop radiofonico) vogliano mettere un tocco trap nelle loro produzioni, già si sapeva. Ma Danien (livornese, cantante/rapper/producer) & Theø (bresciano, cantante/rapper/chitarrista) sono un caso del tutto diverso: anzi, probabilmente sono il primo e unico caso di musicisti provenienti da altri generi che si sono lanciati, con risultati qualitativamente e quantitativamente apprezzabili, in una loro versione della trap. Dopo un passato importante nella scena metal internazionale – nonostante siano italianissimi hanno alle spalle anni di tour in America con la loro precedente band, Upon This Dawning – con il collettivo KVLTO hanno stravolto e reinterpretato i classici canoni della trap di casa nostra, rendendola molto più rock’n’roll nell’estetica, ma anche musicalmente molto più ricca, come dimostrano sul palco. I loro concerti sono senz’altro un’esperienza che vale la pena fare, soprattutto per sfatare tutti i pregiudizi fondati su abuso di autotune e doppie su pezzi preregistrati che, più o meno giustamente, buona parte della nuova wave si porta appresso. Da poco è uscito il loro primo album, La Dolce Vita, e ne abbiamo approfittato per scambiare due parole con Theø. (Continua dopo la foto)
Blumi: Ci racconti un po’ di KVLTO, innanzitutto?
Theø: KVLTO GANG è nata nel 2016. Io sono convinto che siamo stati i primi in Italia a portare l’immaginario rock nell’ambiente rap/trap, quando siamo usciti con il primo video non esisteva ancora nessun rapper con i jeans strappati e gli stivaletti… Abbiamo iniziato tutto completamente autoprodotti, Dani e Sigi si occupavano dei beat, registrazioni, mix e master, io mi occupavo di tutte le nostre grafiche, copertine dei singoli, grafiche per i social ecc. mentre Tommy era il nostro videomaker. Dopo circa un anno siamo riusciti a firmare un contratto con Urbana Label / Sony Music, abbiamo pubblicato un EP chiamato Hollywood Season EP e poi il nostro primo album ufficiale, La dolce vita.
B: Tu e Danien, invece, come vi siete conosciuti e quando avete deciso di cominciare a fare musica insieme?
T: Ci conosciamo da tantissimo tempo, entrambi suonavamo metal in due band differenti piuttosto affermate. Ma posso dire che ci siamo conosciuti veramente solo negli Stati Uniti, nel 2012. Il cantante della mia band doveva tornare in Italia per problemi personali e noi avevamo bisogno di un altro cantante, quindi chiamammo Dani che, senza alcuna esitazione, mollò tutto ciò che aveva in Italia per trasferirsi negli Stati Uniti e partire in tour con la mia band. Quando arrivò in America, già dal primo giorno avevo la sensazione di conoscerlo da sempre: da lì abbiamo praticamente vissuto sempre insieme.
B: Nella vostra “vita precedente”, qual era il vostro ruolo nella vecchia band?
T: Io suonavo la chitarra e facevo le seconde voci; Dani era il cantante principale, ma si occupava già anche di produzioni. Aveva già il suo studio, in cui abbiamo registrato l’ultimo disco della band e dal quale sono uscite poi tutte le canzoni KVLTO.
B: Come vi è venuto in mente di iniziare con la trap?
T: Non è stata una cosa troppo pensata, è venuto quasi da sé. Il rap è una musica che è sempre stata al nostro fianco. Anche se suonavamo metal, quando eravamo in tour si ascoltava solo rap sul nostro furgone. Io stesso, da ragazzino, quando ho iniziato ad approcciarmi alla musica ero partito dal rap, prima ancora di iniziare a suonare la chitarra. Comunque, gli anni in cui vivevamo negli Stati Uniti era il periodo in cui la trap stava esplodendo: ovunque andassimo si sentiva solo trap, in ogni locale, in ogni auto che ti si fermava accanto al semaforo. Tutti ascoltavano quello, e anche noi siamo stati catturati da questo genere. Penso che per entrambi ciò che più ci ha spinto a fare questa musica è la possibilità di raccontare i cazzi tuoi, con il linguaggio che preferisci; nel metal funziona un po’ diversamente. Noi abbiamo una storia da raccontare e questo ci è sembrato il modo migliore per farlo.
B: Qual è il vostro rapporto con il rap classico, invece?
T: Come dicevo, il rap è un genere che ci portiamo dentro entrambi da quando siamo ragazzini: abbiamo sempre seguito sia quello italiano che il panorama internazionale. Secondo me ancora adesso, anche dopo l’avvento della trap, ci sono ancora un sacco di rapper “classici” che spaccano tutto. Non è sicuramente tra i miei ascolti quotidiani, però non è nemmeno un genere che snobbo. (Continua dopo il video)
B: Faccio l’avvocato del diavolo: molti potrebbero pensare che avete cominciato a fare trap perché era un genere che andava di moda ed era più facilmente spendibile rispetto al metal. Cosa rispondereste a chi vi fa questa obiezione?
T: Anche in questo caso, come già dicevo, ribadisco che fare musica è un bisogno e un modo di esprimersi. Noi avevamo una storia da raccontare e il metal non era più il mezzo giusto per raccontarla, non si sposava con le cose che volevamo dire. Fare un altro disco metal non ci avrebbe fatto sentire soddisfatti del nostro lavoro: insomma, è stato un bisogno personale più che una scelta di marketing.
B: Qual è secondo voi la cosa che il metal e la trap hanno in comune, e quale la principale differenza?
T: Mah, un’associazione che si poteva fare nei primi anni della trap erano i bpm: tanti beat trap avevano una cadenza molto simile ai breakdown nel metal, ma poi questa cosa è andata un po’ a sfumare. La principale differenza sta ovviamente nei live. Mettere in piedi un concerto metal è decisamente più impegnativo rispetto a un concerto trap. Ma sono proprio due modi differenti di approcciarsi alla musica… Non voglio dire che uno sia meglio dell’altro.
B: Tornando ai vostri trascorsi, avete vissuto in costante tour per anni, girando l’America in macchina, praticamente senza avere neppure una casa vera e propria…
T: Esatto: vivevamo su un furgone, con dei letti per dormire e tutto. Se fosse stata una semplice macchina mi sarei ammazzato dopo il primo tour! Una cosa che non dimenticherò mai degli Stati Uniti è la sensazione costante di trovarmi in un film. Essendo cresciuto in Italia, vedevo i film americani da ragazzino e mi chiedevo se gli Stati Uniti fossero davvero così come li vedevo nei film. Una volta arrivato là, sembra assurdo, ma era tutto esattamente come si vede nei film.
B: Qual è la cosa più folle che vi è capitata mentre eravate on the road?
T: Di storie ce ne sono infinite, potrei star qui a parlare per giorni… Molte le raccontiamo nelle nostre prime canzoni. Magari un giorno scriveremo un libro! (ride)
B: Com’è vivere di nuovo in Italia e trovarvi a fare una vita più regolare? Tornereste mai indietro ai tempi in cui eravate sempre in tour?
T: Beh, per quanto possa essere un’avventura incredibile, era anche molto dura, sia fisicamente che psicologicamente. Non credo che ora come ora tornerei a fare dei tour del genere con un furgone. Penso che tornerei a fare così tante tappe soltanto se le condizioni fossero migliori. Magari con un tour bus bello grande con cucina, bagno e una doccia… (ride) In Italia la situazione è diversa, nessuno fa dei tour che durano un mese intero suonando ogni giorno della settimana: qui si suona quasi solo nel weekend. Il che non è male comunque, ma non si può di certo chiamare Tour Life.
B: Rispetto agli altri vostri colleghi in Italia voi vi differenziate molto per l’approccio live, a cui tenete tantissimo. Spesso si dice che chi fa trap non sia particolarmente interessato a saper stare su un palco: pensate che sia vero?
T: Non penso che chi fa trap non sappia stare su un palco: ci sono artisti trap che sono in grado di fare degli show assurdi. Una band ha bisogno di più persone coinvolte: ci sono tanti strumenti e tutti devono essere in sintonia mentre eseguono un pezzo, altrimenti il risultato è una merda. Nella trap invece ce la si può cavare anche solo con un dj e un microfono, ma sono convinto che indipendentemente dal genere musicale, la bellezza di uno show sta in quello che è in grado di trasmettere l’artista mentre sta sul palco. Noi facciamo due tipi di live: abbiamo il live con tutta la band (quindi dj, batterista e chitarrista), oppure il tipico dj set dove cantiamo sui nostri pezzi. Come dicevamo all’inizio, di recente è uscito il nostro primo disco ufficiale La Dolce Vita e se non l’avete ancora sentito vi consiglio di farlo. Eskereeeee!!!