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Lanz Khan: l’intervista

18-10-2018 Riccardo Primavera

Lanz Khan: l’intervista

Quando viene annunciato l’arrivo di un progetto realizzato a quattro mani l’eccitazione del mercato è sempre palpabile, soprattutto se i due artisti si muovono su un terreno affine, musicalmente parlando. Ecco perché l’annuncio di Medusa EP aveva inondato la scena rap underground di sensazioni positive: l’unione tra Mr. Phil e Lanz Khan metteva insieme uno dei produttori più hardcore e d’impatto della scena con uno dei liricisti più raffinati e al tempo stesso brutali del panorama nostrano. Il risultato non ha deluso le aspettative, regalandoci cinque tracce intense, dal piglio aggressivo, tecnicamente impeccabili e in grado di unire citazioni ricercati ad ambientazioni spietate, a tratti da slasher movie.
Abbiamo incontrato Lanz Khan qualche giorno prima della partenza del tour di Medusa, che prenderà il via a Milano con un doppio appuntamento fissato per il 20 ottobre: nel pomeriggio l’instore presso Vinylbrokers, mentre la sera Phil e Lanz Khan saliranno sul palco del Barrio’s per la data zero, insieme a Jangy Leeon, Axos e Dj Lil Cut. (continua dopo l’immagine)

Riccardo Primavera: Partiamo dal principio, riavvolgiamo il nastro: come nasce l’idea di Medusa? Qual è stata la scintilla che ha fatto nascere la collaborazione tra te e Mr.Phil?

Lanz Khan: Riavvolgendo il nastro, è nato tutto da Kill Phil 2. Dopo aver sentito e apprezzato alcune mie uscite, Phil mi invitò nel progetto (all’epoca non lo conoscevo di persona, ma solo di fama, essendo il produttore di diversi brani storici importantissimi per la mia formazione musicale). Successivamente, poco prima dell’uscita di Kill Phil 2, Phil mi disse di voler avviare un nuovo progetto e mi propose di realizzarlo assieme. Ovviamente fui entusiasta dell’opportunità e il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti. Così è nato Medusa.

R.P.: Com’è stato lavorare con lui?

L.K.: Phil è incredibilmente professionale ed è stato molto presente in tutte le fasi della lavorazione del progetto (e ho anche imparato qualche trucchetto del mestiere da lui). È stata, infatti, un’esperienza molto formativa che mi ha aiutato a meglio concepire il modo di affrontare i vari aspetti dell’autoproduzione.

R.P.: Arriviamo invece al presente: ora che il disco è fuori, come ti senti ad aver effettivamente lavorato con un producer leggendario per l’hip hop italiano? Com’è stata l’accoglienza del progetto da parte dei fan?

L.K.: Il responso devo dire che è stato davvero più che positivo; oltre ogni mia più rosea aspettativa. C’era un po’ di attesa per il mio ritorno su un progetto ufficiale e far uscire un progetto come Medusa in questo periodo storico non è per nulla facile. Il grande apprezzamento che abbiamo ricevuto testimonia come in Italia la gente abbia ancora voglia di sentire del buon rap senza filtri, fatto come Dio comanda. Mi hanno fatto anche assai piacere alcuni pubblici feedback da parte di alcuni esponenti della scena, come Ice One, Egreen (che ha suonato Kim Jong-un nella sua selezione per Radio Raheem), Murubutu, Vashish, Nex Cassel e altri ancora. (continua dopo la foto)

R.P.: Tornando al disco, tutte e cinque le strumentali che compongono Medusa sono incisive e d’impatto: avevi già scritto qualcosa prima di ascoltarle e sceglierle oppure sono stati proprio i beat ad ispirare la scrittura?

L.K.: Non avevo scritto assolutamente nulla; tutto ciò che senti in Medusa è stato scritto proprio su quei beat (zero riadattamenti di materiale proveniente da altri processi di scrittura). Lavorando a distanza, però, non era semplice organizzarci per produrre tutto direttamente in studio in sessioni comuni e abbiamo dovuto quindi adattarci. Dopo qualche tempo Phil mi ha mandato una cartella di beat e dopo una piccola scrematura ho iniziato a scrivere, impostare i titoli e scegliere le collaborazioni.

R.P.: Parlando proprio della scelta del titolo del progetto e di quelli delle singole canzoni, come vi siete mossi?

L.K.: Per quanto riguarda la scelta dei titoli dei singoli brani, è stato un processo abbastanza intuitivo. Di solito, infatti, lascio che il titolo emerga da solo, richiamato dall’atmosfera del beat. Quello dell’Ep, invece, lo abbiamo scelto dopo aver chiuso tutte le singole tracce anche in funzione della veste grafica. Avevamo bisogno di qualcosa di impatto che potesse tradursi in un’immagine in grado di racchiudere l’atmosfera dell’Ep e valorizzare la stampa in vinile e tutto il resto del merchandise. L’interpretazione che poi ha dato Scarful del tema classico della testa di Medusa (che riprende un po’, se vuoi, lo scudo con la testa di Medusa del Caravaggio agli Uffizi) in chiave fumettistica/splatter ha dato secondo me una marcia in più a tutto il progetto.

R.P.: Come primo singolo avete scelto la provocatoria e cattiva Kim Jong-un, uno dei brani più hardcore del progetto – sebbene fondamentalmente rispondano tutti a questa descrizione – e caratterizzato da un beat fortemente scuro. Non esattamente il tipico singolo, insomma. C’è un motivo particolare che vi ha spinti a scegliere proprio questa traccia come singolo di lancio?

L.K.: Semplicemente è il singolo che più ci ha gasati fin dall’inizio. Il lavoro in fase di mix e master svolto da Jangy Leeon (al Caveau Studio), con il coordinamento di Phil, ha fatto si che la traccia esplodesse lettaralmente dalle casse.
Avevamo anche già deciso di fare un altro vide oltre a Kim Jong-un, ossia Underground Gunz con Il Turco, così da benedire definitivamente questa nuova connessione fra Roma e Milano. (continua dopo il video)

R.P.: La tua scrittura si contraddistingue da sempre per un approccio aggressivo, senza peli sulla lingua, per certi versi anche gore in alcuni momenti; dall’altro lato, salta all’occhio per la ricchezza di citazioni storico-culturali ricercatissime, spesso lontanissime dalla cultura generale. Quanto è difficile bilanciare questi due aspetti in un testo?

L.K.: Trovare la giusta sintesi fra questi due estremi è un’operazione molto difficile. In questo progetto in particolare ho cercato di essere più diretto possibile, pur sempre nell’ambito di quello che è il mio stile di scrittura.

R.P.: Meno elucubrazioni, più manate in faccia?

L.K.: Esatto, hai centrato il punto. Volevo che questo Ep fosse un concentrato di barre da sparare a ripetizione come i colpi di un canne mozze (con annesso suono di carica). Considerando anche la breve durata complessiva del progetto, non avrei avuto lo spazio necessario per sviluppare a dovere tutti i filoni concettuali che solitamente invece si ritrovano in un album solista. (continua dopo il video)

R.P.: Nel disco non mancano diverse osservazioni critiche alla società odierna, in particolare nella title track, che chiude l’ascolto – e non penso sia inserita in quel punto per caso. Al giorno d’oggi, sempre meno musica con contenuti simili – non solo di matrice rap – riesce però a far breccia nel mercato e, di conseguenza, tra gli ascoltatori. Sei convinto che un qualche tipo di comunicazione alla”coscienza civica” sia possibile attraverso la musica, specialmente nel 2018?

L.K.: Mi piace pensare che sia possibile una cosa nel genere, ma non per questo una musica come il rap deve diventare pedante e a tutti i costi moralista. Bisogna, tuttavia, rendersi conto che attraverso un mezzo frivolo noi abbiamo l’opportunità di far passare delle cose molto serie e profonde a delle menti giovani ed elastiche come quelle dei ragazzi che ci ascoltano. Se non lasci nulla in chi ti ascolta per me fare musica non ha senso.

R.P.: Chiudo chiedendoti qualcosa legato al futuro: Cinghiali Bianchi è l’ennesima riprova dell’incredibile complicità tra te e Axos sulla traccia, una sorta di coppia Mancini – Vialli, in grado di sorprendere ogni volta gli ascoltatori. Nel futuro prossimo c’è – o potrebbe esserci – in cantiere un progetto collaborativo tra voi due?

L.K.: Attualmente siamo concentrati ognuno sul proprio percorso musicale (ma senza mai per questo negarci dei piacevoli punti di incontro). Detto questo, in futuro può sempre succedere di tutto.