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Train To Roots: l’intervista

19-03-2016 Haile Anbessa

Train To Roots: l’intervista

Alla vigilia dell’uscita del loro nuovo album Home e di un tour che sta dando loro modo di esibirsi in Italia e in Europa, abbiamo incontrato i componenti della band roots sarda Train To Roots. Vediamo che cosa ci hanno raccontato.

Haile Anbessa: siete on the road. Come sta andando il tour?

Train to Roots: sta andando molto bene. Stiamo presentando i brani nuovi del disco e il feedback è sempre stato molto positivo dovunque li abbiamo presentati. Stiamo comunque sperimentando la scaletta ma il pubblico è come se le conoscesse da sempre queste nuove canzoni. Andremo anche in Austria e avremo diverse date in Spagna, Polonia, in Repubblica Ceca e successivamente suoneremo in giro per l’Italia nel tour estivo, Sardegna compresa naturalmente! Ci piace molto girare e l’atmosfera del tour è veramente irripetibile.

H.A.: ho letto che il disco verrà distribuito da VPal, un segno di grande prestigio per chi fa reggae…

T.T.R.: sì esatto e hanno già avuto modo di annunciarlo sul loro profilo Instagram quindi è ufficiale! Il nostro manager Bruno, che oramai fa parte della famiglia dei Train da più di dieci anni, ha fatto sentire i nostri provini in Vp. Il materiale è piaciuto, hanno aspettato la conclusione dell’album e quindi hanno deciso di continuare con il progetto. C’è in ballo anche una redistribuzione di Growing, il nostro album precedente, così come l’intera discografia dei Train To Roots e quindi questo rappresenta un’ottima occasione per farci conoscere anche nel resto del mondo e allargare quindi i nostri orizzonti.

H.A.: parlatemi di Home ora. Cosa potete dirmi del vostro nuovo album?

T.T.R.: abbiamo fatto un passo indietro rispetto al nostro precedente album, nel senso che abbiamo deciso di autoprodurlo in maniera totale e tornare quindi in un certo senso alle origini. Il disco è quindi 100% Train To Roots style anche se sempre al passo coi tempi, visto che ci piace ascoltare un po’ di tutto, anche all’interno del mondo del reggae. C’è quindi il roots come sempre ma anche tanto ska, rocksteady e anche delle spruzzate di elettronica. I featuring presenti nell’album sono importanti e di cui siamo molto fieri. Uno è quello con Madh, poi abbiamo ospitato anche Clementino, Lion D, Levante e anche due gruppi spagnoli. Il disco a noi piace molto e questo è già un ottimo risultato dato che non sempre accade (ride). Il messaggio è anche molto positivo e quindi abbiamo unito l’utile al dilettevole.

H.A.: avete detto che il disco è “al passo con i tempi” per quanto concerne il suono. Come vi sembra la musica reggae al momento? Cosa ha più o in meno rispetto al passato?

T.T.R.: a livello mondiale pensiamo che dalla Giamaica finalmente stia tornando a fiorire il suono roots. La musica sta crescendo e spesso nel reggae si possono sentire delle influenze che per quanto ci riguarda non c’entrano molto con il suono originale. Noi comunque rimaniamo sempre molto curiosi e poi sta a ognuno scegliere ciò che preferisce. A livello nazionale secondo noi da quando il Rototom ha lasciato l’Italia la situazione è peggiorata. Adesso è molto difficile riempire un locale con la musica reggae e l’atmosfera è quindi molto differente. La strada è lunga per fare ritornare il festival qui da noi perché i messaggi di apertura sono pochi.

H.A.: che differenze di pubblico riscontrate in Italia e in Europa?

T.T.R.: in Europa, come ad esempio in Spagna, il reggae sta vivendo la sua fase di espansione massima, grazie ad esempio all’arrivo del Rototom che sta facendo conoscere questo genere di musica indipendente alle masse. In Italia invece, per vari fattori di cui abbiamo già parlato in precedenza, la parabola è nettamente discendente da dieci anni a questa parte. Questo boom da noi sta mancando soprattutto perché non abbiamo più del reggae in italiano. In Germania per esempio i Seeed riempiono gli stadi come da noi fanno solo Ligabue o Vasco Rossi. Da noi il reggae è ancora visto come musica alternativa e sempre indipendente. Per il futuro comunque c’è da ben sperare visto che la parabola è ascendente.

H.A.: e in Sardegna siete come si dice profeti in patria?

T.T.R.: fortunatamente sì. Ci sono voluti un po’ di anni ma ora ci vogliono molto bene.

H.A.: nella composizione delle vostre canzoni in quale lingua vi trovate meglio a creare?

T.T.R.: inizialmente forse era il Sardo ma poi ci siamo sentiti in dovere e in piacere di comporre in Italiano per poter raggiungere quante più persone possibile.

H.A.: non è quindi necessario per voi passare esclusivamente all’inglese per avere successo all’estero?

T.T.R: non ci sono canoni e non bisognerebbe porsi mai dei limiti. Noi proviamo a portare avanti tutti i discorsi e continuiamo a fare ciò che ci sentiamo. Una bella canzone è una bella canzone e il messaggio può arrivare anche solo con la melodia.

H.A.: state già lavorando a qualcosa di nuovo?

T.T.R.: sì qualcosa già bolle in pentola anche se ora ci concentriamo soprattutto sulla promozione di Home.