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Noà: l’intervista

26-11-2013 Marta Blumi Tripodi

Noà: l’intervista

E’ un periodo molto prolifico per gli amanti di R&B e soul italiano: oltre alle uscite recenti di Al Castellana e di Rahma Hafsi e la prossima ventura uscita dei Soulblasters, di recente ha pubblicato un album anche Noà, giovane cantante R’n’B di Perugia già noto per la sua ultima collaborazione con Kenzie Kenzei. Il suo Drops of me esce per BM Records (qui sopra potete ascoltare il secondo singolo estratto, Come posso dirti): abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui prima dell’estate, quando la lavorazione del disco era stata appena terminata. Per amor di correttezza ci teniamo a dire che all’epoca non abbiamo avuto modo di ascoltare l’album, il che spiega il tono della conversazione, che era più una specie di “colloquio conoscitivo”… Enjoy!

Blumi: Presentati per chi ancora non ti conosce.

Noà: Mi chiamo Nicolò, in arte Noà, e faccio R’n’B/soul, un genere che in Italia è molto poco seguito ma che è l’unico che mi piace e che mi sento di fare. Ho cominciato come tutti, suonando nei pub della mia città e facendo cover, ma a un certo punto ho detto basta e ho deciso che volevo realizzare qualcosa di mio. Ho la fortuna di saper suonare sia chitarra che batteria – ma in generale riesco a mettere le mani più o meno su qualsiasi strumento – ragion per cui riesco a creare da solo le strumentali su cui cantare; e in effetti, le prime cose che ho registrato erano davvero fatte esclusivamente da me. Nel febbraio 2012 ho pubblicato il mio primo vero e proprio EP, che i ragazzi della BM Records hanno ascoltato e apprezzato, proponendomi di registrare un disco anche con loro. C’è voluto parecchio per concretizzare, ma siamo molto soddisfatti del risultato: testi e melodie sono integralmente miei, mentre le strumentali sono al 50% di Lefty e al 50% di molti altri produttori provenienti da tutta Italia. Si intitolerà Drops of me

B: Quindi canti in inglese?

N: No, in italiano! (ride) Mi piaceva semplicemente usare quest’espressione come titolo, perché rappresenta molto bene il concetto che sta dietro all’album. Anche perché il genere di R’n’B che ascolto io non è propriamente quello che va per la maggiore in radio: guardo sempre un po’ indietro, diciamo dal 2000 al 2010, con suoni meno pop-dance e più caldi.

B: Beh, molto R’n’B contemporaneo si è allontanato da questi schemi da musica pop, però: penso a Frank Ocean o a The Weeknd…

N: Effettivamente loro si distinguono, ma pensavo più a gente come Usher che fa le collaborazioni con David Guetta, o a Will.i.am che prova a proporre il suo modello di R’n’B in cui c’è davvero pochissimo del concetto originale.

B: Personalmente mi dà più fastidio la confusione che spesso si fa tra musica R’n’B e musica soul: gli artisti tendono a definirsi sempre soul anche quando fanno tutt’altro, perché in un certo qual modo fa più figo…

N: Credo che la differenza la facciano semplicemente i suoni delle strumentali – più elettroniche da una parte, più suonate dall’altra.

B: Tornando al tuo album: visto che non abbiamo ancora avuto occasione di ascoltarlo, raccontacelo tu…

N: Una buona metà dei brani parla d’amore, ma ci sono anche brani che parlano della mia visione della musica, ad esempio, o di coerenza e autostima.

B: Cosa pensi della scena R’n’B italiana?

N: È ancora minuscola, soprattutto se la confrontiamo con la vivacità della scena hip hop. Tra i miei artisti preferiti c’è Flake, un ragazzo di Roma molto bravo, a cui ho fatto un featuring per il suo album; poi, ovviamente, c’è La Miss, che è presente anche sul mio disco; e Andrea Nardinocchi, anche se forse andrebbe definito più electro-pop. Insomma, un po’ a fatica, ma qualcosa sta emergendo. Diciamo che ci vorrebbero almeno una ventina di nomi attivi, per parlare di una vera e propria scena.

B: A proposito di questo, che consiglio daresti a una persona che ha voglia di iniziare a cantare ma non sa da che parte cominciare?

N: Di seguire i propri gusti e la propria attitudine, indipendentemente da quando ripagheranno in termini di visibilità: l’importante è seguire il cuore.

B: E come ti poni nei confronti dei talent, invece? Ti è mai passato per l’anticamera del cervello di partecipare?

N: Sì, ovviamente l’idea c’è stata, più che altro perché nonostante gli sforzi e gli investimenti è difficile ottenere attenzione in altro modo. Penso che in Italia quello sia l’unico modo, ormai: lo farei, insomma, anche se non è una cosa che ho deciso per forza di cose di fare.

B: Progetti futuri?

N: Appena avrò modo, vorrei fare un EP in cui rifaccio in inglese qualcuno dei brani che ho già suonato in italiano nell’album. Ci metterò un po’ perché riadattarli è complicato, ma vorrei davvero provarci. Inoltre vorrei poter portare in giro un live, ma ovviamente per uno come me è complicato: non posso certo andare ad aprire il concerto di Kenzie Kenzei, perché i suoi ascoltatori vogliono ascoltare rap… (ride) E’ un peccato, perché all’estero spesso le due scene si mescolano, qui sono del tutto separate.