HOTMC

Speciale Roccia Music: intervista al collettivo del momento

20-10-2013 Marta Blumi Tripodi

Speciale Roccia Music: intervista al collettivo del momento

Roccia Music nasce immediatamente come un progetto che farà molto discutere. Già i primi due singoli hanno generato effetti opposti in diverse fasce della popolazione: c’è chi ha storto il naso (i puristi), chi non ci ha capito granché (i giovanissimi), chi si è esaltato tantissimo (gli appassionati di un certo sound americano). Per la cronaca, chi vi scrive è una di quelle che ha sospeso il giudizio in attesa di ascoltare l’album intero, e che ora che lo ascolta trova un sacco di cose che le piacciono tantissimo e un sacco di cose che le piacciono ben poco, e dovrà rimetterlo in play più volte prima di farsi un’idea completa (costei, però, è anche una di quelle che non ha ancora capito Yeezus, per intenderci). Indipendentemente dal parere e dai gusti del singolo, comunque, questo collettivo capitanato da Marracash e Shablo promette di essere completamente diverso da tutti quelli che lo hanno preceduto, sia come approccio che come immaginario. E lo sforzo per creare qualcosa di nuovo, correndo dei rischi reali, puntando su totali sconosciuti anziché su nomi dalla solida fan base, andrebbe premiato a prescindere. Soprattutto se – come in questo caso – il lavoro sul sound è così accurato e particolare: anche se non è il vostro sound preferito, in un mondo in cui discograficamente parlando tutto si appiattisce sullo stesso standard è un vero piacere ascoltare qualcosa di fresco e dirompente, che prova a rompere gli schemi col botto. Hotmc e Rockit hanno unito le forze per cercare di comprendere meglio e di raccontarvi il fenomeno Roccia Music: siamo andati alla presentazione dell’album, nella sala affrescata di un palazzo antico, dove l’intera crew si è esibita in una versione molto scenografica della title track Genesi, tra macchine del fumo e laser multieffetto. Su Hotmc trovate le interviste a Shablo, Tayone e Corrado, mentre su Rockit ci sono quelle di Marracash, Fred De Palma e Attila. Tutte le interviste sono state curate collettivamente dalle due redazioni e realizzate insieme da Blumi (per Hotmc) e Carlotta Fiandaca (per Rockit). Per amor di precisione specifichiamo che al momento della realizzazione delle interviste avevamo ascoltato solo i primi due estratti del disco, Genesi e Givenchy.

SHABLO

Definisci Roccia Music per chi ancora non ha un’idea chiara di che cos’è.

Innanzitutto cominciamo col dire che questa è una sorta di ri-nascita per Roccia Music, una reincarnazione, una nuova genesi. Già nel 2005 Marracash e Deleterio avevano creato un mixtape omonimo insieme a tutti i loro amici, in cui ero presente anch’io in veste di produttore. Oggi Roccia Music rinasce con questo Genesi, ma cambia veste: non è un mixtape e non è un’etichetta, è un collettivo artistico che si pone finalità diverse. In sostanza cerca di dare un supporto a 360° agli artisti, aiutandoli a gestire tutto ciò che riguarda anche il music business, l’immagine, il booking e via dicendo. Li aiutiamo a costruire una carriera, insomma, mettendo a disposizione i nostri consigli.

A questo proposito, ultimamente a livello personale hai creato anche un’altra realtà, la Thaurus. Che cosa rappresenta?

In sostanza è una struttura personale, che ha finalità diverse da quella di Roccia Music. Nasce come una società di edizioni musicali – dei miei pezzi, soprattutto, ma mi occupo anche di quelli degli altri, a richiesta – e da pochissimo è anche un’agenzia di booking che ha esordito sul mercato col tour di Fritz Da Cat, Noyz Narcos e Ensi. Mi piaceva l’idea di creare la prima agenzia di dj hip hop in Italia. Vorremmo creare un giro di possibili eventi per persone che sono già a supporto dei maggiori esponenti del rap italiano: dj Double S (in tour con Fabri Fibra), Jay-K (Gué Pequeno), Zak (Fedez) e via dicendo. Probabilmente da tutto questo nasceranno anche altre cose, ma ci tengo a dire che Taurus non è né un’etichetta né un collettivo artistico: è una struttura legata al business musicale. Non c’è nessun altro editore specializzato, nel mondo dell’hip hop: quello delle edizioni è un aspetto del mestiere molto sottovalutato o addirittura sconosciuto, che invece andrebbe tenuto in grande considerazione. Io per primo per molti anni ignoravo cosa fossero, ma col tempo ho scoperto che sono molto importanti, perciò ho deciso di occuparmene personalmente.

Tornando a Roccia Music, come vi è venuta l’idea di istituzionalizzare il collettivo? Voglia di stimoli nuovi?

Quello senz’altro: abbiamo da sempre voglia di sperimentare, di fare cose diverse, di tentare strade nuove rispetto a quelle battute di solito. Diciamo che però in questo caso abbiamo cercato di venire incontro a una richiesta: in un momento in cui il rap va fortissimo e si riescono a raggiungere risultati come dischi d’oro e di platino (anche se con una decina d’anni rispetto al resto del mondo) ci sembrava che fosse opportuno, come succede negli Stati Uniti o in Francia, che personaggi con una militanza decennale nel mondo dell’hip hop potessero mettere a disposizione dei giovani la propria esperienza, per aiutarli magari a non commettere degli errori che noi stessi abbiamo commesso in passato. La prospettiva è quella dell’artista che aiuta l’artista, e non della persona interessata al business che cerca di lucrare sulle nuove leve. Abbiamo notato sulla nostra pelle che questo tipo di approccio spesso manca del tutto, perciò abbiamo cercato di fare questa cosa. Per noi ovviamente è una sfida, perché bisogna anche trasformarsi un po’ in manager per gestire una realtà del genere; in maniera molto creativa, ovviamente, perché non lo faremo mai allo stesso modo in cui lo farebbe un ragioniere o un banchiere. Prendi ad esempio questa festa: decontestualizzare il rap dalla strada, a cui di solito è associato, e trasferirlo in un palazzo del 1600, è una cosa a suo modo innovativa in Italia.

Dal tuo punto di vista di produttore, qual è il minimo comun denominatore che determina il suono di Roccia Music in generale e di Genesi in particolare?

Non c’è una grandissima unitarietà del suono in Genesi, perché quest’album è uno showcase: sono estratti presi dai diversi dischi degli artisti con cui stiamo lavorando, e quindi per forza di cose si tratta di materiale molto differente. Anche perché ci piaceva l’idea di unire artisti che non fossero proprio uguali: è bello accostare un Achille Lauro, che ha una sua precisa storia e una sua personalità, con un Fred De Palma che invece può sembrare totalmente l’opposto, e poi aggiungere all’equazione un veterano come Luché che apparentemente c’entra poco. È stato molto bello vedere come, senza che neppure si conoscessero o li conoscessimo (perché ci siamo incontrati relativamente da poco), si sia creato già un bel feeling umano.

Una specie di talent “reale”, insomma, il cui scopo è prendere ragazzi validi e premiarne il talento?

Esatto, però qui non ci sono sfide interne e nessuno vince trionfando sugli altri. Il nostro scopo è sviluppare il talento di ragazzi giovanissimi e cercare di farli esplodere, vedere fin dove riescono ad arrivare con il nostro aiuto. Cosa che senz’altro è molto diversa da quello che fa una casa discografica quando prende un esordiente e gli dice di fare un disco: l’input che persone come me o Marracash possono dare è molto diverso da quello di un qualsiasi A&R in carriera. La novità non sono tanto gli artisti che abbiamo scelto, ma la struttura che c’è dietro e l’approccio alla materia.

A proposito di novità, una domanda fatta avendo per ora ascoltato solo due tracce, Genesi e Givenchy: l’Italia secondo te è pronta per questo tipo di sound e questo immaginario?

Non so se l’Italia è pronta o no, ma credo che il punto non sia questo: il resto del mondo è pronto da tempo, vorremo mica rimanere come al solito indietro su tutto? (ride) Già il fatto che l’hip hop sia diventato mainstream solo ora, mentre all’estero lo è da decenni, è molto indicativo. Il problema non dobbiamo porcelo noi, devono porselo gli altri: chi porta qualcosa di nuovo deve andare dritto per la propria strada, e se gli altri li capiscono bene, se no fa niente. Si può discutere di gusti e quelli sono insindacabili, ma è impossibile negare in che direzione sta andando l’hip hop in questo momento…

L’impressione, però, è che voi non vogliate andare nella stessa direzione in cui stanno andando tutti in questo momento, almeno per quanto riguarda la scena rap italiana…

Sicuramente vorremmo differenziarci da quello che è l’hip hop manistream di adesso, sì. Oggi come oggi il mercato si rivolge a un pubblico di teenager, quindi tutto è molto giovanile, colorato, divertente: noi invece, già nel look, ci differenziamo per il total black… Sappiamo che il pubblico di oggi è giovanissimo e ovviamente non lo disprezziamo, però cerchiamo di creare un’alternativa rispetto a quello che va per la maggiore, che magari possa piacere anche a un’audience più matura, e lo facciamo grazie anche al sostegno di Marracash, che negli anni ha sempre portato la sua personalissima versione dell’hip hop anche nel mainstream. Detto questo, comunque, sia chiaro che non imponiamo un suono: il suono se lo scelgono i nostri artisti, e noi cerchiamo di svilupparlo al massimo delle sue potenzialità.

Cosa ti aspetti da questo progetto?

Nella vita in generale cerco di non farmi mai troppe aspettative: per me, comunque, è già un grandissimo risultato essere arrivato fin qui e aver messo insieme questo disco. Personalmente è un grande stimolo: un produttore, in Italia, ha parecchie difficoltà se vuole vivere di musica nel 2013, visto che ormai i dischi non si vendono più. Stesso discorso anche per i rapper, volendo. Non basta più una sola hit per sistemarsi per tutta la vita, come pensa la gente: oggi, anche se un musicista sforna la hit dell’anno, non riesce a guadagnare più di 50.000 euro, che ovviamente non bastano neanche a comprare una casa. Il mito che lo si faccia per i soldi è falso. La sfida, quindi, per quanto mi riguarda, è di cercare di trarre il massimo dalla mia passione e dalla curiosità e poi, magari, strada facendo, farmi anche venire delle idee commerciali, ma non viceversa!

TAYONE

Come si articola la tua collaborazione con Roccia Music?

Nella maniera più naturale: sono il dj di Marracash da tre anni, quindi mi sono ritrovato automaticamente a far parte di questo calderone! (ride) Già quando eravamo in tour si pensava a come strutturare la cosa: inizialmente c’era solo un rapper, Luché, poi piano piano si sono aggiunti gli altri. Per ora faccio parte della crew solo come entità dj, poi più avanti vedremo cosa succederà.

Infatti: vista la tua esperienza di produttore, ad esempio in progetti come Videomind, ci s’immagina che tu possa apportare molto più che il semplice talento di turntablist alla crew…

Chissà! In questo periodo mi sono un po’ allontanato dalle produzioni per il rap: piuttosto preferisco fare da supporto ai rapper che suonano dal vivo, ma come producer faccio altro. Ad esempio il mio disco, che ho appena iniziato a produrre, è tutto strumentale. Sicuramente, però, qualche collaborazione con i membri della crew ci scapperà, più avanti. Sono a loro disposizione, mi sento legato a tutti i ragazzi come fossimo una famiglia. Pensa che il primo pezzo della mia vita l’ho registrato proprio a casa di Shablo a Bologna! (ride)

Tu sei in giro da tantissimi anni: cos’ha di diverso Roccia Music rispetto ad altri progetti simili presenti e passati, secondo te?

La mentalità tra gli artisti è molto affine, e non sono stati assolutamente scelti perché avevano già una fan base, ma per creare un gruppo coeso che la pensi allo stesso modo, pur non facendo le cose allo stesso modo. C’è maturità nel suono e soprattutto non ci sono interessi commerciali dietro: vogliamo coltivarci un pubblico pian piano, per rendere il rap in Italia una cosa duratura, e non rischiare che dopodomani esce il Justin Bieber dei poveri, comincia ad andare di moda lui e ci mandano tutti a casa…

CORRADO

Visto che non tutti ti conoscono ancora bene, presentati…

Sono Corrado, vengo da Napoli e più precisamente dal collettivo Poesia Cruda (fondato dai Co’Sang, ndr). Il mio primo lavoro ufficiale risale al 2003, quando ho esordito con un pezzo di difficile interpretazione con Luché, Gucci, Prada & Fendi, che fu un disastro di critiche negative! (ride) Oltre ai mixtape di Poesia Cruda ho prodotto il mio primo EP ufficiale, dal titolo Doveva andare così, esattamente un anno fa.

Come parte di Poesia Cruda sei molto conosciuto nell’area di Napoli. Com’è esordire su scala nazionale?

Napoli non ha mezze misure: o ti odia o ti adora. Non è un panorama facile, per chi fa musica in un certo modo, perché è dura convincere gli ascoltatori, che sono molto attaccati alle proprie radici e non apprezzano molto quelli che escono dal seminato. A maggior ragione, è una bellissima soddisfazione essere qui come parte di Roccia Music. È un traguardo, ma anche un punto di partenza: mi sento come un debuttante assoluto che ha ancora tutto da dimostrare.

Come sei entrato nella crew?

Nella maniera più spontanea possibile: con Marracash ci conosciamo da un po’ e quando è venuto a Londra con Shablo a lavorare al suo disco, nei mesi scorsi, ci siamo visti spesso, perché io vivo lì da un annetto – io e Luché abbiamo un’attività insieme in Inghilterra. Gli ho fatto sentire un po’ delle cose che avevo registrato recentemente per i miei progetti, gli sono piaciute e mi ha proposto di entrare a far parte di Roccia Music.

Stai lavorando a un progetto solista, quindi?

Sì, ma con calma: dobbiamo ancora capire che direzione prenderà.

Tutti voi conoscete Marracash e Shablo, ma tra di voi vi state conoscendo adesso: come sono i rapporti tra i vari membri del collettivo?

Molto buoni: andiamo d’accordo, siamo uniti, c’è una gran bella atmosfera e anche musicalmente viaggiamo sulla stessa lunghezza d’onda. Ci piace tenerci aggiornati sulle ultime novità. Io personalmente ascolto davvero di tutto, da A$ap Rocky a Joey Bada$$ passando per Chance The Rapper. Scarico una marea di diversi mixtape al giorno perché penso che un rapper debba sempre essere sul pezzo e prendere spunto da tutto.

Sembrate entusiasti all’idea di avere fan più adulti: che cosa, secondo te, potrebbe attirarli rispetto ad altri progetti simili?

Sicuramente il fatto che siamo tutti diversi tra di noi, e quindi c’è molta varietà. Inoltre è difficile associarci a qualcun altro: abbiamo personalità molto distinte. Chi ha ascoltato solo la title track magari ancora non l’ha percepito, ma nel disco si sente molto.

Ecco, infatti: il primo estratto collettivo, Genesi, ha ricevuto molti complimenti ma anche una buona fetta di critiche. Secondo te, da persona che ha contribuito a realizzarlo, è stato capito fino in fondo?

Non lo vedo come un pezzo molto difficile: è un pezzo rap nel senso più puro del termine, molto diretto ed essenziale. In Italia c’è ancora un po’ di chiusura rispetto a determinate cose, il rap non riesce ad essere solo espressione di stile come spesso capita all’estero, lo considerano tutti come un genere che deve per forza divulgare qualcosa. In ogni caso io sono contento del riscontro: non mi aspettavo che fosse così positivo, o almeno non subito, e invece vedo che la gente è già molto infottata rispetto al progetto.

MARRACASH

Roccia Music e tutto l’immaginario che c’è dietro, dai vestiti, all’ambientazione dei video. Si sentirà anche nel disco? E questo tipo di atmosfera rispecchierà anche il tuo lavoro solista?

Questa è un’anticamera del mio lavoro solista. Calcola che tutto questo viene dalla passione e da quello che a me piace; sicuramente ci sono delle ispirazioni d’oltreoceano, e non è nemmeno tanto difficile capire quali, però al tempo stesso ci sono cose che mi hanno sempre contraddistinto. Io vesto nero e metto il chiodo dal mio primo album. Per cui… Ero già così in Fino a qui tutto bene; sono un po’ un rapper punk, questa cosa mi è sempre piaciuta ed è sempre stata una cosa mia. Ho sempre pensato che l’hip hop debba avere una componente di ribellione perché non essere ribelli a vent’anni è come essere mutilati, secondo me. Per cui… un po’ era anche questo: partire da un gusto musicale e farlo diventare un modo per spingere quegli artisti che fanno questa cosa che a me piace e tirare un po’ le somme. Ad esempio il lavoro con Luchè è venuto proprio spontaneo. A parte che abbiamo sempre collaborato.. ma lui incarnava benissimo questo hip hop più maturo, più suonato, più…

La ribellione paradossalmente è questa?

Assolutamente, per me la ribellione è non assomigliare ad una festa con l’Happy Meal di Mc Donald’s, per esempio. È rimarcare il valore culturale di questa cazzo di musica. (CONTINUA A LEGGERE L’INTERVISTA SU ROCKIT, insieme a quelle di Attila e Fred De Palma)