Negli ultimi due giorni, il leak di Control, pezzo di Big Sean in collaborazione con Kendrick Lamar e Jay Electronica, ha generato grande rumore per via della strofa del rapper californiano, che auto-proclamandosi re di New York (lui, nativo di Compton) e dandosi ad un corposo name-dropping, rischia di aver timbrato il cartellino per l’apparizione più discussa dell’anno. Ma raccontiamo tutto dall’inizio, cercando di dare un po’ di prospettiva.
Il 27 agosto 2013 dovrebbe essere il giorno dell’uscita di Hall of Fame, il nuovo disco di Big Sean. Non l’evento dell’anno, anche se il rapper riscuote comunque un discreto successo in patria. Tra le canzoni escluse dalla tracklist finale, per via di un problema legato ai diritti del sample, ne figura anche una inizialmente nota come No I.D. Freestyle, poi ribattezzata Control, che vede i featuring di Kendrick Lamar e Jay Electronica.
Come era inevitabile, nonostante l’esclusione la canzone finisce in poco tempo in rete. Per spiegare il putiferio scatenatosi dal momento del leak, occorre entrare nel merito della canzone, che vede un Lamar aggressivo come mai era capitato di sentirlo, in quello che potremmo individuare come uno dei defining moment della sua carriera. Se c’è da competere per l’oro Kendrick entra in modalità Distruzione (I’m in a destruction mode if the gold exists), e fin dall’inizio l’intento di affermare la propria grandezza è chiarissimo:
I’m Makaveli’s offspring, I’m the king of New York
King of the Coast, one hand, I juggle them both
Sono l’erede di Tupac, sono il re di New York
Re della Costa, mi basta una mano per governarle entrambe
Una delle maggiori fonti di risentimento verso questa canzone è stata proprio la spocchia di Lamar nel definirsi re di New York, ma prendere sul serio una dichiarazione simile all’interno di un pezzo di questo genere, battagliero e ovviamente pieno di provocazioni, pare un chiaro fraintendimento della logica dietro tutto il rap game. Il senso che Kendrick Lamar attribuisce all’intera strofa sta nel suo tentativo di alzare continuamente l’asticella, il livello del proprio rap, per dimostrare di essere il migliore e vedere chi può stare al suo livello. Attribuirsi il titolo di re di New York (e, contemporaneamente, della costa Ovest, paragonandosi al Tupac Shakur natio di New York eppure re della California) fa il paio con il tentativo dell’MC californiano di elevarsi nell’Olimpo dei più grandi, a cui sente di appartenere:
I heard the barbershops spittin’ great debates all the time
Bout who’s the best MC? Kendrick, Jigga and Nas
Eminem, Andre 3000, the rest of y’all
New niggas just new niggas, don’t get involved
Ho sentito i barbieri fare sempre dei grandi dibattiti
Chi è il miglior MC? Kendrick, Jigga (Jay-Z) o Nas
Eminem, Andre 3000, il resto di voi
I giovani sono solo giovani, non immischiatevi
Dot ne ha un po’ per tutti, e arriva a tirare in ballo persino Phil Jackson (If Phil Jackson came back, still no coachin’ me, I’m uncoachable, I’m unsociable, “Se Phil Jackson tornasse, neanche lui potrebbe allenarmi, sono inallenabile, sono asociale”). L’ex allenatore di Chicago Bulls e Los Angeles Lakers (coach più vincente della storia NBA in quanto a titoli vinti), ha risposto un po’ piccato sul suo Twitter:
@kendricklamar it’s okay to be cocky and sure, but we all need somebody to lean on. Let’s just call it mentoring.
— Phil Jackson (@PhilJackson11) August 13, 2013
E dopo aver sparato a zero sui rapper che distruggono la propria carriera con l’ecstasy (Mollies’ll prolly turn these niggas to fucking Lindsay Lohan, “l’MDMI fa diventare questi rapper come delle fottute Lindsay Lohan”) e su quelli che lasciano che stilisti e brand definiscano la loro identità (And I ain’t rockin no more designer shit, White T’s and Nike Cortez, “E ho finito di indossare la roba dei designer, ora solo t-shirt bianche e Nike Cortez”), Kendrick si lascia allo sfogo che più di tutto ha contribuito a far sì che _Control_finisse in men che non si dica sulla bocca di tutti:
I’m usually homeboys with the same niggas I’m rhymin’ wit
But this is hip hop and them niggas should know what time it is
And that goes for Jermaine Cole, Big KRIT, Wale
Pusha T, Meek Millz, A$AP Rocky, Drake
Big Sean, Jay Electron’, Tyler, Mac Miller
I got love for you all but I’m tryna murder you niggas
Tryna make sure your core fans never heard of you niggas
They don’t wanna hear not one more noun or verb from you niggas
What is competition? I’m tryna raise bar high
Di solito sono amico dei rapper con cui rappo
Ma questo è l’hip hop e loro dovrebbero sapere che ora è
Questo è per J. Cole, Big KRIT, Wale
Pusha T, Meek Millz, A$AP Rocky, Drake
Big Sean, Jay Electron’, Tyler, Mac Miller
Vi voglio bene ma sto cercando di uccidervi
Sto facendo in modo che anche i vostri fan più accaniti non ricordino di aver sentito il vostro nome
Non vorranno più sentire un solo nome o un solo verbo da voi
Cos’è la competizione? Io sto cercando di alzare l’asticella
Tutto questo significa che Kendrick Lamar ha iniziato un beef con i rapper citati? Teoricamente no. Tutto quello che il rapper sta cercando di dirci è che nonostante sia passato il tempo dei dissing, e che da anni ormai i rapporti nel mondo hip hop sembrano essersi fatti più distesi e amichevoli, quando c’è da fare i conti This is hip hop e lui non guarda in faccia a nessuno, neanche ai rapper che stima e con cui lavora, nel suo tentativo di scalare le gerarchie della doppia H per diventare il migliore.
Le reazioni all’uscita di Control sono state le più varie, e per ore i social network sembravano parlare solo di Kendrick Lamar. In un articolo molto interessante su Grantland, Sean Fennessey segnala la strofa di Control come un’evoluzione del name-dropping, in una linea che a partire da Kurupt (citato nel testo di Control, e famoso anche per un suo dissing contro DMX intitolato Calling Out Names) giungerebbe proprio fino al ventiseienne talento di Compton. El-P e Killer Mike, come tanti altri veterani di ogni epoca dell’hip hop, si sono detti felici di vedere un simile esempio di sana competizione, che poi è quello che dovrebbe essere alla base dello spirito di questo genere. Su Twitter molti rapper hanno detto la propria: c’è chi l’ha presa sul ridere (Mac Miller) e chi sembra voler raccogliere il guanto di sfida (Pusha T, Joey Bada$$)
If I can’t do no more nouns or verbs ima start comin with the wildest adjective bars that anyone has ever heard. — Mac. (@MacMiller) August 13, 2013
I hear u loud and clear my nigga… @kendricklamar — PUSHA T (@PUSHA_T) August 13, 2013
How can yall think I’m hating on Kendrick right now? Much respect to him for bodying everybody. This day marks a new rap game kno dat. Haha — oG $wank. (@joeyBADASS_) August 13, 2013
Ma subito hanno cominciato a fioccare le canzoni di risposta, e il sempre meraviglioso sito Rap Genius ha raccolto qui le migliori, tra cui spicca senza dubbio Joell Ortiz, che essendo di New York si è abbastanza risentito delle parole di Lamar (You raised the bar high, I set the bar higher, you gon’ learn though, Inferno scorch a bonfire, “Hai alzato l’asticella, io l’ho messa più in alto, finirai per imparare che l’Inferno può bruciare un falò”, dove probabilmente la strofa di Lamar è il falò e quella di Ortiz l’Inferno).
La valutazione della strofa di Control dovrebbe teoricamente prescindere dall’hype che l’ha circondata dal primo istante, ma forse il valore di Kendrick Lamar è tale anche tenendo conto del mondo in cui lui sta lasciando le proprie impronte. Ad ogni sua uscita, sembra in grado di tirare fuori qualcosa che costringa il mondo a parlare di lui. Non è esagerato dire che con solo un disco ufficiale e una manciata di mixtape all’attivo, K.Dot ha raggiunto più di quanto non abbia fatto chiunque dei rapper citati fra i suoi homies. E per quanto la musica viaggi oggi su binari talmente veloci da costringerci ad accantonare un disco dopo una settimana, lui è sempre riuscito a tenere il passo, ogni volta tryna raise the bar high. In barba a chi storce il naso, qui si fa il tifo perchè Kendrick Lamar possa continuare a farcela.