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Dite la vostra che ho detto la mia (sul rap italiano)

14-10-2012 Marta Blumi Tripodi

Dite la vostra che ho detto la mia (sul rap italiano)

Come sanno i lettori più assidui di Hotmc, difficilmente mi capita di scrivere un articolo in prima persona: non è mia abitudine, preferisco lasciar parlare i fatti piuttosto che dare opinioni, anche perché ciascuno dovrebbe essere libero di formarsi la propria. Stavolta, però, mi tocca fare un’eccezione, perché da più parti (artisti coinvolti e non coinvolti, addetti ai lavori, semplici ascoltatori) mi è stato chiesto di “prendere una posizione” riguardo alla diatriba degli ultimi giorni sul rap italiano, che Hotmc sta seguendo fin dall’inizio. In una scena in cui le prese di posizione di solito non sono mai gradite, questa richiesta è un caso più unico che raro: immagino ci sia una prima volta per tutto. Così eccoci qui, voi a leggere, io a scrivere, sperando che tutto questo serva, se non a migliorare la situazione, perlomeno a non peggiorarla.

Che cosa penso di questa vicenda? Innanzitutto penso che i fatti siano già chiari a sufficienza, e che non ci sia bisogno di un mio commento. Troppa gente ha già commentato, a proposito e a sproposito; in molti, giornalisti compresi, lo hanno fatto solo per cavalcare la polemica e ottenere un po’ di visibilità in più – soprattutto coloro che non sono direttamente coinvolti in questa vicenda ma che ritengono comunque indispensabile dire la loro, in caso qualcuno avesse una impellente necessità di sapere come la pensano. Avete davvero bisogno che vi dica che sputare in blocco sul rap anni ’90 è inesatto e profondamente sbagliato? Non credo. Devo specificare che questa vicenda, da legittima rivendicazione, si è trasformata in un pubblico linciaggio, e che questo mi fa umanamente e professionalmente schifo? Spero di no. Eppure forse è il caso di ribadirlo un’altra volta, repetita iuvant.

Ricominciamo da capo, quindi. Negli anni ’90 il rap era uno dei movimenti musicali più vitali, freschi e prolifici mai esistiti su suolo italiano. E la scena hip hop è nata inequivocabilmente in quel periodo, se non prima. Siamo tutti figli di quei tempi, abbiamo un debito enorme nei confronti delle persone che all’epoca, ciascuno a suo modo, hanno gettato le fondamenta di qualcosa di grande. Buona parte di quei dischi NON erano ingenui esperimenti, erano capolavori. E affermare che un genere musicale non è nulla senza un pubblico è ovviamente una bestemmia; semmai, un genere musicale non è nulla senza una storia. Se una persona fa pubblicamente queste affermazioni deve prendersi la responsabilità di quello che dice, e chi risponde riaffermando una verità storica di cui è stato testimone (i vari Esa, Gruff, Danno, dj Enzo) non solo ha tutti i diritti di farlo, ma fa benissimo a farlo. Sarebbero pazzi se non lo facessero.

Detto questo, però, alle rivendicazioni legittime sono seguite delle sceneggiate degne della peggior puntata di Uomini e Donne. Gente che non c’entrava nulla con la scena rap anni ’90, o che negli anni ’90 non c’era neppure, che si è accodata al coro di dissenso nella speranza di attirare un briciolo di attenzione su di sé, o semplicemente per il gusto di menare (metaforicamente) le mani. O peggio, gente che, proprio come succedeva nei cortei di protesta durante gli anni di piombo, ha approfittato per “infiltrarsi” nella discussione per destabilizzare la situazione, nella speranza di distruggere la credibilità di alcune persone e trarne un vantaggio personale. Un treno in corsa carico di frustrazione, vecchi rancori e nuovi veleni, pronto a schiantarsi contro il primo obbiettivo disponibile. Preferibilmente se è un obbiettivo famoso e di successo.

In Italia abbiamo una doppia fortuna: salvo alcune eccezioni (che non sto neanche a nominare, tanto sappiamo tutti di chi stiamo parlando) la vecchia scena underground è validissima, e lo è anche la nuova scena mainstream. Chiamare gli artisti storici “hater invidiosi” e chiamare gli artisti ora in classifica “burattini ingrati” è pura follia, ed è anche doppiamente falso. Paola Zukar, Marracash e Entics, tutti personaggi validi e credibili indipendentemente dai vostri gusti personali, hanno già chiarito che quello che risulta dal montaggio dell’intervista non rispecchiava il loro pensiero. Ciascuno è libero di crederci o no (io personalmente tendo a crederci), ma non ha senso continuare ad attaccarli all’infinito. Perché altrimenti si vengono a creare situazioni paradossali, tipo che chiunque finisca in radio o in tv, indipendentemente da chi è, è “uno che non se lo merita” o “un venduto”. L’hanno detto perfino ad Esa, che pure starebbe dall’altra parte della barricata, per aver osato fare un pezzo orecchiabile tipo Resta ancora. E se mai anche tu, lettore che speri un giorno di sfondare con la musica, ce la farai ad arrivare in radio, lo diranno anche a te. Indipendentemente dal fatto che tu sia il nuovo 2pac o il nuovo Vanilla Ice.

Ecco perché finora ho evitato di prendere posizione: perché è inutile, perché a parlare deve essere la musica e non i giornalisti, e soprattutto perché non voglio contribuire ad avvelenare ulteriormente il clima. Chi ha ragione in questa storia? Ha ragione chi s’indigna il giusto davanti a frasi inesatte, ma non ha ragione chi s’indigna troppo davanti a frasi già abbondantemente rettificate. Ripeto, Zukar, Marra e Entics, ciascuno per sé, hanno già spiegato che cosa intendevano con quelle frasi e hanno pure sottolineato l’importanza del rap anni ’90, e i rapper anni ’90 hanno già risposto e riaffermato la verità storica della situazione. Cosa volete di più, ancora? Vederli annientati e annichiliti? Ridurli in polvere? C’avete troppo odio come Trucebaldazzi, per caso? E ancora: non è che qualche ragione ce l’hanno, queste persone, a non sentirsi del tutto supportate dalla scena?

Last but not least: so bene che questa risposta probabilmente non farà contento nessuno, un po’ come il mio silenzio dei giorni scorsi non ha lasciato nessuno particolarmente soddisfatto. Ma questo è quello che penso davvero, e me ne prendo interamente la responsabilità. Con Hotmc ci piacerebbe dare la parola ai diretti interessati (ovvero a chi negli anni ’90 c’era e a chi ha raccolto il testimone solo adesso), ma non sappiamo se sarà possibile, perché chiaramente non tutti hanno voglia di parlare, in questa situazione. Vi basti sapere che noi siamo qui, e che chiunque abbia qualcosa da dire può contattarci e avrà spazio. Della situazione si può ancora discutere a lungo, ma in modo civile e costruttivo per tutti.

Peace & Love,

Marta ‘Blumi’ Tripodi