Benedetto Antonio Caccavale, da tutti chiamato Nino, è un abilissimo recording engineer e producer di New York City. I suoi genitori però sono italianissimi, di Napoli precisamente, quindi il legame con il nostro paese è molto forte. Nino ha già vinto un prestigioso Grammy in carriera con Maxwell e ha collaborato con tanti celebri nomi del panorama musicale mondiale da Ashanti a Prodigy dei Mobb Deep, passando per il leggendario Burning Spear e il maestro Ennio Morricone. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente e vediamo che cosa ci ha raccontato su queste sue esperienze uniche.
Haile Anbessa: per prima cosa ti chiedo come è il tuo italiano?!
Nino Caccavale: direi buono. Io sono nato a New York City ma entrambi i miei genitori sono napoletani quindi capisco tutto perfettamente in italiano e lo parlo anche abbastanza bene.
H.A.: tu sei una figura molto interessante ed eclettica che spazia dal reggae roots all’rnb passando per il rap. Ho trovato come giusta occasione contattarti in occasione del prossimo Fan Appreciation Tour del leggendario artista roots Burning Spear, dato che anche tu sarai un protagonista effettivo della cosa. Cosa dobbiamo aspettarci da questo grande ritorno sulle scene di Mr. Rodney?
N.C.: da quello che ho potuto sentire dalle prove che stiamo già facendo in questi giorni posso dirti che è un suono di Burning Spear che proviene direttamente dagli anni Settanta. Quindi tutti i fan dello Spear dei tempi di Rockers è garantito che saranno piacevolmente colpiti.
H.A.: come hai iniziato a fare musica? Che cosa ti ha fatto entrare nel business?
N.C.: amo la musica sin da quando ero bambino. Mio cugino a Napoli suonava la chitarra e quindi ogni volta che tornavamo in estate in Italia sono rimasto molto influenzato dalla sua musica. Ho cominciato quindi a suonare anche io la chitarra. Quando sono cresciuto da ragazzo avevo bisogno di un lavoretto e quindi ho trovato un impiego come ragazzo del caffè in uno studio di registrazione qui a New York City. Sono stato fortunato quindi a diventare amico di Steve Sola, un romano che si trova a New York dall’età di dodici anni e che è anche l’engineer dei Mobb Deep. Mi sono trovato quindi coinvolto nella produzione di Murda Muzik proprio grazie a Steve Sola. Sono stato presente anche nelle sessioni di mastering di quell’album. Gli sono molto grato perché ho imparato tantissimo da quella esperienza. Sono cresciuto a Queensbridge quindi era destino che in qualche modo fossi coinvolto nel business musicale. Steve è anche un machinist e quindi ho appreso da lui il suo approccio nell’essere molto metodico quando produco un album. Da là poi sono passato a lavorare per Hit Factory dove ho avuto anche la fortuna di lavorare con il grande Ennio Morricone per la colonna sonora del film Mission to Mars. Qui ho avuto il grande privilegio di spendere due settimane con il maestro ed è stata una delle esperienze più incredibili della mia vita. Ho imparato così tanto da lui.
H.A.: che cosa ti ha colpito di più di quella esperienza?
N.C.: il suo modo incredibile di fare musica e di creare effetti incredibili a cui solo lui poteva pensare. Per esempio una volta ebbe l’idea di alzare tutti i microfoni e fare entrare delle persone ripetutamente per dare la sensazione del vento di Marte. Non era contrario a nessun tipo di modernità e quindi sfruttava al massimo ogni tipo di strumentazione. Non aveva ostacoli o costrizioni particolari ed è proprio da questo che ho imparato a essere duttile.
H.A.: parlami poi del tuo progressivo rapporto sempre più profondo con il mondo della black music…
N.C.: ho iniziato a collaborare con Maxwell quasi per caso e diciamo che con il suo album ho potuto mettere a frutto tutta la mia esperienza collezionata fino ad allora. Ho mescolato le mie influenze per arrivare a un certo tipo di sound neo soul. Stessa cosa che ho potuto fare nella pre produzione dell’album Justified di Justin Timberlake su due tracce che però poi non sono apparse nel disco. È stata comunque un’esperienza anche questa che mi ha lasciato molto. Per un caso poi ho lavorato nello studio Magic Shop che ora ha chiuso i battenti ma dove David Bowie ha registrato il suo ultimo disco. Anche qui per una serie di coincidenze fortunate come sempre mi sono ritrovato a organizzare una session per Burning Spear come assistent engineer. Ed è proprio a questo punto che è iniziata la mia collaborazione con mr Rodney. Stiamo parlando del 2005 e questa cosa mi ha permesso di andare in tour con lui così come di lavorare al suo disco Our Music.
H.A.: facciamo adesso un salto nel 2019 e parliamo della tua collaborazione con la band di Napoli TheRivati…
N.C.: Salvatore Zannella, mio cugino e buon batterista che ha suonato con varie band molto interessanti di Napoli tra cui i TheRivati, è stato lui ad avermi presentato questa band grandiosa. C’è stata subito grande connessione perché apprezzo la loro musica e perché sono di Napoli, la città delle mie origini. È stato un onore per me quindi essere coinvolto in un progetto simile. Abbiamo così lavorato a un disco assieme e a un singolo, nato da un’idea di Clementino quando si trovava qui a New York nell’ottobre del 2018.
H.A.: quale strumento preferisci suonare?
N.C.: suono la chitarra fin da quando ero bambino e non potrei vivere senza suonarla. So suonare quasi tutti gli strumenti, inserisco anche parti di piano nei miei lavori pur non essendo un pianista, mi occupo delle percussioni, cerco di fare quanto più possibile in maniera autonoma ma il mio grande amore rimane sempre la chitarra. In ogni caso tento sempre di essere coinvolto in progetti che sento veramente come miei dato che la musica è principalmente un fatto di sensazioni positive. Il giorno in cui non potrò suonare più la chitarra sarà un giorno molto triste per me.
H.A.: tu sei anche un prestigioso vincitore del celebre Grammy Award. Cosa puoi dirmi di questa grandiosa esperienza?
N.C.: un’altra casualità sicuramente! Quando ho cominciato ad essere coinvolto nel music business non avevo neppure idea di cosa fosse un Grammy. C’è gente che entra nel business solo per vincere premi come questo ma a me non importava nulla. Negli anni Novanta io ero solo un ragazzino che ascoltava la scena hardcore di New York come i Bad Brains e di certo non aspiravo a cose del genere. Quando ho iniziato a lavorare sul primo singolo dell’album di Maxwell stiamo parlando del 2003 mentre l’album è uscito solo nel 2009 quindi non avevo proprio idea di cosa sarebbe successo. L’album è stato nominato in sei categorie differenti ed ha vinto in una ma per me era stato importante lavorare e finire il disco e non certo vincere qualche premio. Per me la ricompensa sta nel viaggio stesso non nell’arrivo finale. È una bella cosa dire di avere vinto un Grammy ma per me è più importante il fatto che un disco arrivi a quante più persone possibili e che magari possa in parte cambiare la loro vita in meglio. Siamo semplicemente gente normale che fa musica e quindi a me interessa solo cambiare una giornata storta di una persona con la mia musica.
H.A.: hai incontrato così tanti mostri sacri della musica in generale. Hai qualche episodio particolare che ti è capitato con qualcuno di essi che ti è rimasto particolarmente impresso?
N.C.: ce ne sarebbero talmente tanti! Per me è stato incredibile essere nella stessa stanza con Prodigy per esempio ma forse l’episodio che mi è rimasto più impresso è stato certamente con il maestro Ennio Morricone. Quando ho lavorato con lui all’una in punto tutti i giorni bisognava smettere per mangiare. Sistemavano un grande tavolo imbandito e tutti andavano a mangiare. Io però rimanevo in una stanza e continuavo a lavorare, a fare piccoli ritocchi. Lui però un giorno se n’è accorto e mi ha raggiunto nella stanza di controllo. Mi parla in italiano e mi chiede cosa stia facendo. Quindi mi obbliga a seguirlo per mangiare tutti assieme e mi lascia addirittura il suo posto a capotavola. Una delle più grandi lezioni di umiltà della mia vita che mi ha veramente cambiato la prospettiva di tantissime cose. Una persona incredibile, sempre scherzosa e dal talento infinito, sempre pronto con soluzioni ingegnose. Non ci sarà più qualcuno come lui.
H.A.: cosa ascolti nella vita di tutti i giorni? E con quale genere ti trovi meglio a lavorare?
N.C.: ho gusti molto eclettici. Questa settimana ho ascoltato Andy Gibb, Phil Collins, Culture Club. Ascolto di tutto. Posso passare una settimana ad ascoltare solo Jazz. La buona musica mi piace tutta. Per quanto riguarda la professione lavoro su tutto in cui credo. Tutta la mia vita professionale è stata quasi per caso come ti dicevo e quindi queste cose sono successe perché dovevano accadere. Credo nel destino.
H.A.: stai lavorando a qualcosa di nuovo?
N.C.: vivo alla giornata e sono sempre pronto per la prossima esperienza! Le cose migliori capitano quando non te le aspetti un po’ come questo tour con Spear che era totalmente inaspettato. Spero che l’universo mi porti presto qualcos’altro di altrettanto grandioso.
H.A.: cosa vuoi dire al nostro pubblico come saluto finale?
N.C.: che spero veramente che la mia esperienza possa servire a qualcuno anche in Italia per capire che le cose possono succedere come sono successe a me e che quindi non bisogna mai mollare perché nella vita se si vuole e si insiste si può raggiungere qualsiasi tipo di traguardo.