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Subconscio: l’intervista

22-04-2020 Riccardo Primavera

Subconscio: l’intervista

L’r’n’b, il soul, il funk e in generale tutte la black music sono un genere che in Italia fa fatica ad attecchire, soprattutto nell’ambito del mainstream e dei grandi numeri, quelli che muovono il mercato discografico fatto di grandi riflettori, paillettes e lustrini vari. Nel sottobosco dell’underground però, quello in cui la musica tende – per natura – a scollegarsi maggiormente dai discorsi economici, negli ultimi anni c’è stato un rifiorire di produttori, autori e interpreti del genere, in tantissime delle sue sfumature. Tra questi, uno dei più recenti è Subconscio: un progetto interessante, che ha portato alla luce un omonimo EP, del quale siamo andati a scoprire qualcosa in più, parlandone direttamente con l’autore.

La cover di Subconscio EP

Riccardo Primavera: Partiamo da una domanda che mi sembra d’obbligo: come e perché nasce il nome “Subconscio”?
Subconscio: Ciao ragazzi! Subconscio nasce da un’esigenza. Ad un certo punto ho iniziato a farmi delle domande, a scavare di più nel mio profondo alla ricerca di risposte sulla mia vita, su ciò che avrei voluto essere e rappresentare in futuro. Ed eccoci qua, da quel momento ho iniziato a scrivere e a buttare su fogli di carta tutto quello che mi passava per la testa e non mi sono più fermato.

R.P.: Un progetto omonimo con una genesi di quattro anni, per un totale di cinque tracce: è stata una scelta voluta, quella di inserire pochi pezzi, oppure è stato difficile condensare l’essenza del tuo progetto in altre canzoni?
S.: Il disco è la rappresentazione del mio percorso, un po’ vario, un po’ contaminato. Ogni traccia è stata scritta in un momento diverso, addirittura da Wicked Smile a Giungla passano quasi 3 anni. Vivo un rapporto complicato con i miei pezzi, infatti inizialmente erano 8, poi per diversi motivi ho deciso di mettere in pausa 3 di questi e di concentrare tutte le energie sui restanti. Credo siano semplicemente i brani che mi rappresentano di più, inoltre sono da sempre un super fan degli EP.

R.P.: Il disco è stato anticipato da Giungla, estratto come singolo: si tratta probabilmente del pezzo più energetico del disco, come mai la scelta di lanciarlo in anticipo rispetto alle altre tracce?
S.: Tutto è nato un po’ inaspettatamente, ho girato come al solito la bozza del brano ai miei contatti di fiducia e sono “esplosi tutti”. Da quel momento è stata battezzata da subito come singolo. Ma questo è uno dei tanti motivi, Giungla è anche l’ultimo brano scritto e credo sia un po’ il manifesto di ciò che sarà subconscio in futuro, inoltre è stata una scelta dettata dal supporto della mia nuova famiglia Totally Imported (la sua etichetta, ndr).

Subconscio (foto di Stefan Paun)

R.P.: Subconscio è un progetto fortemente legato alla r’n’b, al soul, al funk e, in generale, alla black music. Si tratta di un genere che in Italia fa fatica a trovare esponenti di rilievo; non dal punto di vista del talento, però, quanto più dell’esposizione mediatica. Quale pensi sia il “problema” di questo genere, a livello di grande pubblico?

S.: Discorso abbastanza delicato. Dal mio punto di vista ci sono già molti esponenti di rilievo e sono sotto i nostri occhi da anni. In Italia ci sono tantissimi artisti che portano avanti queste sonorità, ma quel che conta davvero è fare musica senza pensare a ciò che il mercato impone, poi che la cosa vada a finire a livello di “grande pubblico” sarei felice, ma per la cultura del genere stesso perché merita davvero tanto.

R.P.:Quali sono gli artisti d’oltreoceano che più hanno influenzato la tua formazione musicale? E quali invece, tra i contemporanei, ti stimolano a spingerti oltre la tua comfort zone?
S.: Fugees, Stevie Wonder e Michael Jackson sono le fondamenta della mia formazione musicale, ma ho attraversato diversi momenti, anche i Pink Floyd e The Doors sono influenze importanti. Negli ultimi anni sono usciti dischi incredibili che hanno contribuito particolarmente alla mia crescita e sono fonte di ispirazione ancora oggi e su tutti posso citare Cloak di Jordan Rakei e Malibu di Anderson Paak.

R.P.: Hai inserito anche elementi rap nel progetto, grazie ai featuring, come quello di No Fang in Wicked Smile. Mi hai fatto ripensare alla collaborazione dello stesso tipo tra Davide Shorty & Funk Shui Project e Johnny Marsiglia. Quanto è facile per te incastonare elementi rap nella tua produzione?
S.: Quasi naturale in realtà, da sempre mi affascina tantissimo l’unione tra rap e soul. Wicked Smile è il brano da cui nasce Subconscio, il primo scritto e chiuso da anni. La collaborazione con i No Fang posso definirla come un “desiderio personale” che volevo assolutamente realizzare perché sono super fan, infatti No Fang On rientra tra i dischi che ho ascoltato di più nella mia vita. Grazie a questa collaborazione è nata una splendida amicizia che porterà sicuramente altri brani e tante altre novità in futuro.

R.P.: In questo momento ovviamente è purtroppo impossibile parlare di live; ma, se potessi, come immagineresti l’ascoltatore tipo sotto il palco di Subconscio?
S.: Non riesco a definire un ascoltatore tipo, mi è capitato in diversi concerti di vedere famiglie con bambini in fondo alla sala e universitari scatenati sotto il palco, quindi spero che la mia musica possa arrivare a chiunque senza barriere o pregiudizi.