Fuori da poco con l’ep Underdog – disponibile su Spotify – Giso appartiene alla vecchia guardia, alla scuola che si guadagnava il microfono a suon di rime, quando sul palco potevi salire solo se eri davvero capace. Fondatore della Blocco Recordz insieme a Zanna, lo abbiamo incontrato per farci raccontare qualcosa del suo ultimo progetto, parlando contemporaneamente della scena rap italiana e di quanto sia cambiata.
Riccardo: Underdog EP: un titolo forte, carico di significato. Per anni infatti il rap è stato l’underdog per eccellenza tra i generi musicali; ora che inizia ad uscire dalla nicchia, tanti rapper talentuosi restano però degli under dog per il mercato. Cosa ne pensi di queste dinamiche?
Giso: Con underdog intendo lo sfavorito nel pronostico, quello che arriva sottotraccia. Quello che magari sembrerebbe avere meno possibilità ma compete ad alti livelli. Per competere intendo a livello di qualità, andare a “fottere” a livello di numeri con questa nuova generazione è impossibile. Ma competere con loro qualitativamente è un dovere. Con i miei mezzi. Come dici tu sono tantissimi i rapper di grande talento che si perdono nel sottosuolo. Ma è un discorso generazionale, è anche normale da un lato. Gli ascoltatori ora sono tantissimi, ma pochi hanno cultura del genere. A molti basta vedere dei bei vestiti, un beat che spinge, un atteggiamento finto ribelle; so benissimo che un pezzo come Per Loro a un nuovo fan del “rap” farà cagare. Ma va bene così. Sarei stupido e un illuso se cercassi una svolta mainstream: cerco di fare buona musica.
R.: Nella titletrack non manchi di posizionare anche te stesso tra gi underdog, eppure sembri farlo con notevole fierezza, sembrerebbe piacerti come ruolo. È così?
G.: Sì, mi ci posiziono e mi ci posizionano. Spesso mi dicono robe tipo come è possibile che io abbia poche visualizzazioni, che dovrei averne di più e cose così. Aggiungo però che di queste cose mi interessa poco, mi accontento di avere il rispetto dei miei rapper preferiti, di avere uno zoccolo duro di supporter e qualche volta di stupire e incuriosire qualche nuovo ascoltatore. E comunque sì, sono fiero di questo aggettivo. L’unica cosa che manca a me e noi underdog rispetto a qualche anno fa sono le date. Chiaramente i promoter si basano su visualizzazioni e numeri streaming, quasi mai sulla qualità della performance. Ricordo gli anni 2007/2008, dove come DDP facevamo 60 date l’anno promuovendo un disco che vendeva 1000 copie. Ho la fortuna di seguire Emi (Emis Killa, ndr) nei suoi tour e quindi il palco non mi manca, ma se non avessi questa possibilità ammetto che sarebbe dura. Inutile essere nostalgici però, bisogna adattarsi senza snaturarsi. È l’unica via per me. Ho un sogno, organizzare un grande evento con artisti forti ma non mainstream. Sono certo che unendo 3 o 4 realtà giuste si potrebbero fare dei sold out. Una sorta di Underdog Festival; se trovo due sponsor giuro che lo metto in piedi!
R.: Mentre sonorità ed atmosfere continuano repentinamente a cambiare nel rap italiano, in tracce come Underdog e Per Loro proponi un suono ed un immaginario particolarmente classico e genuino: possiamo dire che tracce del genere sono il cardine del tuo modo di approcciarti al rap?
G.: Guarda, sono molto attento da sempre alle uscite U.S.A. In sincerità gente come i Migos, Lil Uzi Vert, ecc non riesco ad ascoltarli a casa. Magari poi nel club bevendo due robe mi divertono. Hanno la loro funzione, ma non fa per me più di tanto. In realtà in America dischi come quello di J. Cole, Joey Badass e Dave East vanno molto forte e a me piacciono molto. Non c’è distinzione. Qua se fai un pezzo coi sample, dalle atmosfere classiche… è vecchio. Io trovo Per Loro molto attuale, per assurdo quasi coraggioso, visto che pezzi così ora non escono praticamente. Anche la traccia Underdog a me piace molto, mi ricorda alcune robe più classiche di Rick Ross, classico ma attuale. Mi piace molto fare pezzi del genere, ma mi diverte anche qualche volta scrivere su produzioni ”trap” belle crude, ma a modo mio: senza autotune, provando a divertirmi con flow e incastri.
R.: Sono passati due anni dal tuo ultimo disco, mentre hai inaugurato questo 2017 con una strofa su Terza Stagione, il nuovo disco di Emis Killa. Guardando al 2008 – anno di uscita del tuo primo album Platinum Era – è cambiato tantissimo nella scena: musicalmente parlando, cosa ti manca di quel periodo e cosa invece preferisci di oggi?
G.: Eh si è cambiato tanto, praticamente tutto dal 2008. La prima differenza è proprio nei live: in quel periodo anche se non eri una superstar si suonava molto… Oggi è molto diverso. C’era meno gente che ascoltava ma più preparata. C’erano anche più scazzi e in realtà trovo positivo anche questo. C’è un buonismo forzato ora, che puzza di finto da kilometri. Si dava meno peso all’apparenza e più alla sostanza. Ora ci sono più possibilità, i ragazzi imparano a rappare dignitosamente in fretta. Ma io vedo meno cuore. Meno passione. Meno anima. Ci sono anche parecchie eccezioni però. Un’altra differenza sostanziale è il valore che si dava alla musica. Ora con le piattaforme streaming, che comunque trovo utili, si perde completamente il valore. Un disco forse – ma forse – lo si ascolta una volta. Poi il successivo. Per molti è un prodotto come un pacchetto di patatine. Ma ripeto, i tempi cambiano. Alcuni acquistano un cd solo per la foto all’instore, ai live vogliono la foto e fanno mille video durante la performance. Il pubblico non sa distinguere un buon concerto da uno imbarazzante. Non tutti chiaramente ma il trend è questo. E sarà ancora peggio.
R.: In Solo Sesso ti avvali della collaborazione della splendida voce di Romina Falconi: com’è nata la collaborazione con una cantante di questa caratura (tra le tante cose, in gara a Sanremo nel 2007)?
G.: Con Romina siamo amici da qualche anno. Ci accomuna una scrittura reale e disillusa, senza mezzi termini. Lei è per me, oltre che una grande cantante, una straordinaria autrice. Coraggiosa, dice nel pop cose che nessun altro dice. Le ho mandato il provino e si è entusiasmata. Ha scritto cose perfette per la canzone e siamo entrambi molto felici del risultato.
R.: Alle produzioni di questo ep troviamo due nomi giovanissimi, Drillegittimo e Sleepyboy, a dimostrare come sia la qualità il vero comune denominatore tra vecchia e nuova scuola. Sono dell’idea che a livello di produttori l’Italia abbia davvero ben poco da invidiare ad altri paesi: quali sono i producer con i quali ti piacerebbe poter lavorare?
G.: Sono d’accordissimo, a livello di produzioni siamo molto più avanti che a livello di rap. Sono felicissimo di aver collaborato con Drillegittimo, che secondo me è pronto per diventare un peso massimo. Un grandissimo lavoratore, versatile e ambizioso. Sleepyboy poi ha appena 20 anni, bravissimo sia coi sample sia con le cose più attuali. Anche per lui prevedo e mi auguro un bel futuro. Ho avuto la fortuna negli anni di rappare su produzioni di quasi tutti i top producer d’Italia: uno con cui mi piacerebbe fare qualcosa è sicuramente Zef.
R.: In esclusiva per Beattorrent, hai scelto di abbinare ad Underdog Ep un “Best Of” con all’interno 10 brani estratti dai tuoi lavori precedenti: tra questi, ce n’è uno al quale sei affezionato in maniera particolare? E perché?
G.: Mi è sembrata una bella idea, soprattutto per i più giovani, quella di fare una raccolta del genere. Chiaramente non vuole essere un “greatest hits”, anche perché di hit non ne ho mai fatte…Semplicemente ho scelto 2 pezzi ad album dei miei 5 lavori solisti. I miei preferiti, che non sono necessariamente quelli che hanno avuto più riscontro. Una traccia a cui tengo molto è Sono Pronto, inserita nel mio ultimo album La Nobile Arte. Ci sono molto legato e spero che questa raccolta lo faccia ascoltare ad altre persone.
R.: Sei uno dei soci fondatori della Blocco Recordz, realtà milanese nata nel 2006 e affermatasi in tutta Italia, grazie a talento e intelligenza: quali consigli daresti ad un ragazzo deciso ad investire sulla propria musica?
G.: Io e Zanna siamo della provincia di Alessandria, diciamo che siamo vicini a Milano e chiaramente ci siamo spesso. Essere sulla mappa del rap Italiano da 10 anni come Blocco è una bella soddisfazione. Abbiamo dato una mano a molti ad emergere. Alcuni lo riconoscono, altri sputano nel piatto dove hanno banchettato. Ma non è un problema. Ad un ragazzo che inizia ora consiglio di lavorare sodo. Di non esporsi ai primi provini registrati. Essere autocritici e lavorare duro prima di fare dei video, di proporsi a una label ecc…Di amare questa roba e rispettarla. Poi dico una cosa: soldi veri in sto gioco li fanno davvero in pochi, la figa se sei un babbo ti sta alla larga anche se sei famoso, e i vestiti belli se sei uno sfigato ti stanno male. Quindi il mio consiglio è di diventare bravi sia con la scrittura, col flow, e soprattutto dal vivo. Ci sono dei rapper considerati “grossi” che ai tempi d’oro avrebbero preso sputi e non solo sul palco. Ed era giusto. In breve, lavoro, studio, abnegazione e divertimento.