Tra i tanti protagonisti dell’estate – e non solo – musicale dello stivale, Carl Brave & Franco 126 meritano sicuramente una menzione d’onore. Il duo capitolino, autore dell’acclamato Polaroid, ha progressivamente ampliato il proprio bacino di ascoltatori grazie al proprio stile peculiare: trait d’union tra rap, pop ed indie – senza alcuna intenzione di etichettarsi, a differenza di quanto tentino di fare giornalisti di settore – la loro musica racconta e coinvolge in maniera spontanea e naturale, tanto in cuffia quanto soprattutto durante i live. Li abbiamo incontrati in occasione del Siren Festival di Vasto: con un paio di birre in mano ed un panorama mozzafiato davanti, ne abbiamo approfittato per far loro qualche domanda, partendo dalla collaborazione con Coez per arrivare a Polaroid. Buona lettura!(Continua dopo la foto)
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L’autore con le birre, il panorama mozzafiato e Carl Brave & Franco 126
Riccardo: Partiamo dall’ultima arrivata in ordine di tempo, Barceloneta con Coez. I fan di entrambi speravano da tanto in questa collaborazione, e sicuramente non sono rimasti delusi. Nella vostra musica mi è sembrato di percepire una certa influenza proprio del percorso musicale recente di Coez: com’è nata questa collaborazione? E com’è stato scrivere praticamente a sei mani?
Carl Brave: Indubbiamente bello! Beh sì, scritto a sei mani anche se in realtà ognuno ha scritto il proprio pezzo per cazzi suoi…
Franco126: Non è stato un vero e proprio lavoro in studio in effetti.
C.B.: No infatti, è nata un po’ così in realtà, noi ci eravamo giá sentiti ma è stato tutto molto spontaneo.
F126: Esatto, c’era qualcosa nell’aria, siamo andati a Barcellona, ci siamo beccati, faceva ride la situazione e il resto è venuto da sé.
C.B.: Anche perché di artisti con cui vogliamo davvero collaborare ce ne sono pochi, e lui era indubbiamente tra questi!
R: Perfetto, avete giá anticipato la domanda di chiusura! Proprio a proposito di collaborazioni: a parte Coez e il lavoro con Rkomi che ha visto Carl nelle vesti di produttore, ci sono altri artisti con i quali vorreste collaborare? Considerata anche la peculiarità della vostra musica e delle vostre sonorità, c’è comunque qualcuno della scena rap con il quale vorreste lavorare?
F126: Beh c’è davvero un sacco di gente brava eh, non si sa mai.
C.B.: Indubbiamente abbiamo dei “preferiti” nel panorama del rap italiano e musicale, ma come dice Franco non si può mai sapere…
F126: In generale poi è abbastanza difficile fare roba “coesa” con noi, vista la nostra linea musicale comunque – facciamo rap molto autoreferenziale, parliamo spesso di noi e della nostra realtà, magari se facessimo roba un po’ più vaga…
C.B.: Forse sarebbe più semplice virare sull’indie o su altri generi per un featuring.
F126: Non perché noi facciamo indie eh! (Carl annuisce e scoppia in una fragorosa risata, ndr) Si dice che noi siamo indie, ma a conti fatti penso che siamo una delle realtà più “pop” che ci siano in generale in Italia, Roma in particolare – e il rap rappresenta, noi rappresentiamo un botto la nostra cittá e nello specifico il nostro rione. Questo aspetto credo sia innegabile, ed è uno di quelli che ci rende rapper a tutti gli effetti!
R: Andiamo allora a parlare di Roma: è sotto gli occhi di tutti come la capitale influenzi pesantemente la vostra musica, come avete giá ribadito in precedenza. Si tratta però di una scelta consapevole e mirata, oppure è spontaneo il modo in cui diventa protagonista dei vostri brani?
F126 & C.B.: (All’unisono, ndr) È molto spontaneo e allo stesso tempo è scelta!
C.B.: È un mix di entrambi: è quello che viviamo tutti i giorni tutto il giorno; non vorrei mai parlare di altre città, non le conosco, non potrei fare così!
F126: Esatto, non è che ci siamo messi a tavolino e abbiamo detto “Ok, adesso facciamo una roba e parliamo di Roma” – nasce tutto per caso, come se implicitamente ci fossimo detti “Oh è figo parlare di Roma, continuiamo a farlo!”.
R: Visto il periodo storico che stiamo vivendo, mi sento un po’ “obbligato” a chiedervelo: la Roma che descrivete nelle vostre Polaroid sembrerebbe decisamente diversa dal quadro che media e istituzioni danno della città. La “vera” Roma è quella che vivete voi oppure non è più così? Quanto l’avete vista cambiare nell’ultimo periodo?
C.B.: Ciò che viviamo scriviamo, quindi raccontiamo la Roma che viviamo noi.
F126: Noi parliamo della “nostra” Roma, poi ognuno se la vive a modo suo – ad esempio noi stiamo comunque in zona centro, magari stai da un’altra parte invece e te la vivi diversamente! Non abbiamo la pretesa di dire “Roma è così!”.
C.B.: Esatto, Roma è grande, noi la raccontiamo per com’è agli occhi nostri; è spaziosa, ti ci perdi, noi siamo un puntino – centrale eh (sorride, ndr) – ma comunque un puntino!
F126: Ogni quartiere fa storia a sé, sembrano mondi differenti a volte – differenze che spesso cerchiamo anche di far trasparire nei nostri pezzi, ma non abbiamo la pretesa di raccontare tutta Roma.
R: Un altro grande protagonista della vostra musica è sicuramente il mondo femminile. Ascoltando Polaroid nella sua interezza sembrano venir fuori quasi due “prototipi” di ragazza – la pseudo “alternativa” e la ragazza dei sogni, quella apparentemente irraggiungibile. Sono descrizioni figlie delle vostre esperienze personali o semplicemente la vostra visione del mondo femminile?
C.B.: In realtà anche qui tutto nasce da esperienze personali, in maniera molto genuina; non c’è la ricerca di un prototipo o di un’immagine preimpostata.
F126: Esatto, poi penso che il tutto arrivi meglio all’ascoltatore proprio perché non si parla di fuffa – se si parlasse di roba completamente inventata l’ascoltatore se ne renderebbe conto…
C.B.: In sostanza le esperienze sono quelle, noi siamo il filtro.
F126: Poi è chiaro, magari uno ha il mito per una pischella in particolare, perché ci sei andato in fissa, però rimango robe personali e vere.
R: Ciò che colpisce particolarmente della vostra scrittura è la capacità di creare delle immagini nitide con i vostri versi, con il risultato finale che sembra proprio una Polaroid. Tendete a visualizzare queste immagini per poi cercare di descriverle nelle liriche, oppure le immagini nascono direttamente mentre scrivete?
C.B.: In tutti e due i modi guarda, è un processo tutt’altro che standard.
F126: Oh figa sta domanda ve’? (Chiede Franco a Carl, che annuisce sorridendo, ndr)
C.B.: Sì magari qualcuno pensa che visualizziamo tutto, in realtà spesso scriviamo anche girando; che ne so, oggi siamo a Vasto, da qui vedo il mare, il molo, una barca e un cane che casca da una ringhiera… Beh magari la scrivo! Oppure il contrario, immagini qualcosa e la scrivi, o ancora racconti un ricordo – le possibilità sono tante.
R: Spesso, nella leggerezza generale delle atmosfere dei brani, inserite dei versi emotivamente abbastanza impegnativi – l’esempio più lampante in questo senso forse è proprio nella title track. Quanto è difficile raccontare episodi così intimi nel contesto di canzoni simili?
F126: Dipende, a volte è più semplice altre più difficile; sicuramente è vero che parlare dei fatti propri nelle canzoni aiuta – sembra una stronzata eh, la dicono tutti, autori e scrittori, però in qualche modo tirare fuori aspetti profondi della propria persona da sollievo.
C.B.: È quasi un bisogno in realtà, non ci facciamo problemi a tirare fuori queste sfaccettature, rimangono esperienze e stati d’animo veri e che abbiamo vissuto, è verità che ci esce dallo stomaco – uno dei nostri punti di forza insomma! Tra le immagini che descriviamo e gli stati d’animo che raccontiamo, probabilmente a fine ascolto ti rimane un puzzle da ricomporre.
R: Il fatto di lavorare sia alle liriche che alle produzioni rende indubbiamente molto più affiatata e funzionale la “catena di montaggio” che porta alla creazione di un brano. Ma come nasce all’atto pratico una traccia di Carl Brave & Franco 126? Qual è il processo creativo – prima la musica e poi la scrittura, viceversa, o altro ancora?
C.B.: Ti direi che è quasi sempre diverso, dipende da un sacco di cose. Spesso possiamo partire dalla base, dal mood che ci da la strumentale.
F126: A volte magari lavoriamo tutto il tempo in studio, altre invece usciamo, giriamo, ognuno scrive per fatti suoi; magari altre volte ci mettiamo sul ritornello e lo scriviamo insieme.
C.B.: Non c’è un vero e proprio modus operandi in realtà!
F126: Per dirti, Noccioline è uscita tutta in studio in una sola sera, Solo Guai abbiamo scritto ognuno per cazzi propri e poi ci siamo confrontati sul ritornello, Alla Tua il ritornello è nato in studio ma le strofe per fatti nostri – il mio pezzo l’ho scritto in treno! Penso che questo poi doni un “colore” differente ad ogni traccia, da quelle più celebrali a quelle scritte in maniera più istintiva.
C.B.: Noccioline ad esempio è molto istintiva, ed è proprio questa la forza di quel brano, ti arriva subito!
F126: Magari ci mettiamo a suonare un paio di strumenti a caso, ci piace la melodia, la registriamo e ci scriviamo sopra più avanti. Dal punto di vista della scrittura partiamo come rapper invece, quindi ognuno ha totale libertà quando scrive, ci confrontiamo ma non ci sono paletti o limitazioni vicendevoli.
C.B.: C’è però da dire che da quel punto di vista siamo quasi sempre sulla stessa lunghezza d’onda, anche a livello stilistico, a volte nei pezzi uno dei due pensa ad un cambio d’immagine o di toni e parlandone si scopre che anche l’altro ha avuto la stessa idea.
F126: Oppure arricchiamo l’uno il lavoro dell’altro con qualche dettaglio – insomma, c’è grande affiatamento su questo piano, ed è un altro punto di forza!