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Mr. Rain: l’intervista

21-02-2017 Marta Blumi Tripodi

Mr. Rain: l’intervista

Siamo abituati a pensare alla scena hip hop italiana come a un’entità granitica, compatta, immutabile. Tutti gli mc italiani che conosciamo sono nati e cresciuti all’interno della scena, ed è stata la stessa scena a spingerli in alto, almeno inizialmente. Eppure, più l’hip hop diventa un genere musicale di ampia diffusione, più si registrano casi di rapper che si sviluppano e prosperano al di fuori di essa. Mr. Rain ne è un esempio perfetto: adotta il linguaggio del rap ma un suono e un approccio molto pop, deve parte della sua popolarità a X Factor – a cui ha partecipato nel 2013 insieme al socio Osso, creando un caso per essersi successivamente rifiutato di rientrare nel programma durante un ripescaggio – e la sua massima ambizione è quella di continuare a fare tutto da solo, come ha sempre fatto. Oltre a diventare un fenomeno virale sul web, con numeri impressionanti, ha appena ottenuto un contratto discografico con Warner (la stessa major di Ensi, Raige e Anagogia), con la quale ha pubblicato il singolo I grandi non piangono mai, dedicato a sua madre, che anticipa un album di prossima uscita che “seguirà il filone di questo pezzo”, come ci racconta lui stesso. Q uando ci hanno proposto di intervistarlo abbiamo accettato volentieri, incuriositi: musicalmente non rientra nei nostri soliti standard (come dicevamo è più vicino al pop che all’hip hop, un po’ come Macklemore, uno dei suoi idoli) ma è interessante vedere come lavora e come ragiona un artista di questo tipo.

Blumi: Come hai iniziato a fare rap?

Mr. Rain: Ho iniziato a sedici anni: ascoltando i pezzi di Eminem mi è venuta voglia di scrivere qualcosa di mio. Ho visto subito un bel riscontro da parte del pubblico, quindi ho deciso di continuare. Ho fatto un sacco di video e di nuovi pezzi fino a quando la mia fanbase non si è allargata. E così eccomi qui: oggi ho venticinque anni e la mia passione è diventata il mio lavoro. È un bellissimo traguardo per me.

B: Siamo abituati a vedere che tutti i rapper sono in qualche modo connessi tra di loro, la scena italiana in questo senso è molto compatta: tu, invece, ne sei completamente distaccato. Come mai?

Mr R.: Sono un autodidatta. Ho imparato a suonare il piano e la chitarra grazie ai tutorial su Internet e ho cominciato a produrre le prime basi da solo: mi sentivo un po’ costretto a farlo perché non trovavo gente che facesse le basi come piacevano a me, quindi preferivo fare da solo. Sono cresciuto a Brescia, quindi a livello geografico non ero isolato, però sono sempre rimasto esterno alla scena perché a livello musicale quello che mi piaceva era il contrario di quello che andava di moda.

B: Ad esempio?

Mr R.: Basi molto orchestrali, suonate, tutto il contrario della trap di ora. Mi riconosco molto in Macklemore, è in assoluto quello che ascolto di più in questo periodo. In generale, all’inizio facevo tutto da solo per necessità, ora però ci ho preso gusto: mi piace quest’approccio e mi piacciono quelli che fanno tutto da sé, come Macklemore, appunto.

B: Tra i rapper italiani trovi qualcuno che possa assomigliarti in qualcosa, o con cui ti piacerebbe collaborare?

Mr R.: Che mi assomigli, no. Con cui mi piacerebbe collaborare, anche se facciamo cose molto diverse, Salmo. Non lo conosco di persona, ma secondo me è un Artista con la A maiuscola: anche lui è anche un regista e un produttore, e sotto questo aspetto mi ha anche un po’ ispirato.

B: Sei conosciuto anche per il tuo passaggio ad X Factor e il successivo rifiuto del ripescaggio. Che tipo di esperienza è stata per te?

Mr R.: A X Factor ho partecipato in duo insieme ad Osso, anche se fino a quel momento ero sempre stato un solista (cosa che poi sono tornato ad essere: oggi ciascuno dei due continua a fare musica per conto proprio). Sono arrivato lì sperando di farmi un po’ di pubblicità per poi espandere ulteriormente i miei progetti sfruttando la tv. Non volevo vincere, volevo solo un briciolo di visibilità in più. Ho deciso di rifiutare il ripescaggio perché ho capito che non era la strada giusta per me, preferivo fare ciò che mi piaceva. Ogni persona sa ciò che vuole: anche per questo non mi sento di dare consigli agli altri in materia di talent, io ho fatto la mia scelta e posso parlare solo per me stesso.

B: Chi sono i tuoi fan? A giudicare dai tuoi social hai un rapporto molto stretto con loro…

Mr R: Sono molto legato a loro, sì, sono ragazzi come me. L’aspetto del mio lavoro che amo di più sono i live, perché ho modo di conoscerli di persona. O meglio, di provarci, perché stanno diventando sempre di più.

B: Che consigli daresti a chi vuole diventare il “prossimo te”?

Mr R.: Di trovare la propria strada, che non sempre è quella che va di moda in un determinato momento. Sono convinto che la costanza alla fine premi: si può arrivare a tutto, lavorandoci su.

B: Se ti chiedessi di sognare in grande, qual è la cosa che vorresti poter fare tra qualche anno?

Mr R.: Aprire un concerto di Macklemore o Eminem. Oppure aprire la mia etichetta: ho tanti sogni, piano piano ce la farò a realizzarli.

B: E quale sarebbe il primo artista che produrresti nella tua etichetta?

Mr R.: Un paio di miei amici, sicuramente!