Da quando esiste il Red Bull Culture Clash ho l’impressione di essere nato nell’epoca storica giusta, magari qualche anno in ritardo – dieci, circa, a giudicare dalla folla che assedia Earl’s Court. La formula è ormai nota, quattro sound system dislocati su quattro differenti palchi si sfidano secondo la formula tutta giamaicana del clash. La sfida di quest’anno a Londra vede coinvolti dei veri e propri pesi massimi. Favorito è ovviamente Rebel Sound, il supergruppo formato da Chase and Status, David Rodigan e Shy FX, con un piede in Giamaica e uno nella scena elettronica britannica, ma non vanno sottovalutati i campioni in carica: i Boy Better Know, sempre carichissimi e estremamente radicati nel tessuto musicale londinese. La curiosità, però, è tutta per A$AP Mob: come si muoverà la crew su un palco così scottante? Si metteranno in gioco? Dimostreranno che oltre pussy money weed c’è della sostanza? La sfida per Stone Love, invece, è quella di reinventarsi, perché un clash di questa portata, e con questa utenza, non si vince suonando semplicemente foundation e dancehall.
Stone Love
Mosci. Disorientati e mai veramente a proprio agio di fronte alla potenza di fuoco messa in gioco dagli avversari, optano per un classico approccio dancehall. Palco poco popolato e forward quasi immediati che spesso non danno il tempo alla massive di scaldarsi. Un approccio che coinvolge gli appassionati del genere e gli iniziati, in grado di apprezzare una traccia dall’incipit, di provare un piacere estetico masturbatorio all’idea che un certo pezzo venga suonato nel momento più appropriato, ma che non riesce mai a coinvolgere il vero target della serata: tardo-adolescenti inglesi in odore di metanfetamina. L’ospitata è scontata: Stylo G prova a riempire il vuoto del palco saltando sulle note di “Call me a yardie”, ma di lui ci si dimentica subito dopo la fine del count down. Il colpo di grazia lo dà Jammer, quando, al terzo round, propone alla folla di chiamarli “Stone Age”.
Momenti top. Paradossalmente il terzo round, Sleeping with the enemy – in cui i sound system devono cimentarsi nel genere di uno degli avversari –, è quello in cui Stone Love dimostra di non voler lasciare Londra senza battersi. Rick Ross, DMX, 50 Cent fanno saltare l’arena. Indimenticabili i dubplate di Barrington Levy e Millie Small.
A$AP Mob
Hanno dalla loro la notorietà e diverse radio hit e le sfruttano a dovere, ma non fanno abbastanza per spostare la bussola del consenso dai palchi dei padroni di casa. Il loro finisce per essere uno show di contorno (il che è tutto dire) alla vera sfida della serata – BBK vs Rebel Sound –. Non sembrano avere molta familiarità con il concetto di clash. Non c’è grande ricerca dietro i pezzi suonati; si ha come l’impressione che, come era lecito sospettare, il fumo della weed nasconda poco arrosto. Di fronte alla carica genuina dei BBK, A$AP Mob impallidisce e mostra il volto della crew stanca, adagiata sulla notorietà. Detto questo il livello è all’altezza dell’evento, sul palco grossi blunt e gran twerking, le hit “Work”, “Multiply”e “Goldie” scuotono l’arena. Più che sufficiente la selezione, i cui picchi si toccano con “Pow” di Lethal B, “Niggas in Paris”, “Mercy” e “Ring the Alarm” di Tenor Saw.
Momenti top. Rocky sale sul palco a cavallo di un quad (secondo alcuni rumors ce n’erano altri pronti a entrare in scena, ma pare che Chase and Status abbiano trafugato le chiavi), ma rimane quasi subito senza voce. Un membro della crew, non ricordo chi, afferma di aver “scopato le donne dei BBK”. Le ospitate: Danny Brown – livello altro –, con “Blueberry (Pills & Cocaine)” e “Dip”, e Everlast, con “Jump Around”, fanno tremare le fondamenta del posto.
Boy Better Know
Sono i campioni in carica e giocano in casa. Già prima dell’inizio del clash, buona parte del pubblico posizionato davanti al loro palco inneggia al gruppo londinese: “BBK! – BBK!” è un mantra che accompagna l’intera serata. Il gruppo è portatore di una carica a dir poco esplosiva, e, con l’aiuto della folla che canta tutti i loro pezzi a memoria, ottiene l’effetto di convertire anche i più scettici alla sacra via del Grime, nonché quello di far staccare alcuni pannelli dal soffitto e farli planare ondeggianti sulle teste irrequiete dei presenti. Scelgono la strategia di sfruttare il fattore campo e non sporcarsi troppo le mani con le dinamiche da clash. È furbo Skepta a provocare Rodigan: “Basta parlare della Giamaica! – gli intima – qui siamo a Londra”. Con la scusa di non apprezzare i pezzi dei propri avversari decidono, contravvenendo alle regole, di suonare la propria musica anche nel terzo round (il famoso Sleeping with the enemy). Coadiuvati da quasi tutta la scena grime, sono bravi a tenere sempre alta la carica del pubblico.
Momenti top. Tocca a loro aprire la serata e lo fanno con un fuoco continuo. “That’s not me” di Skepta – pezzo più suonato della serata insieme a “Shabba” e “Pow” di Lethal B – esalta la folla. La comparsa di Wiley con “On a level” è accompagnata da un boato, Jammer mascherato da “Murkle Man” fa intendere che la crew è pronta a tutto. Dopo soli 5 minuti sul palco, Solo 45 rimane a petto nudo per restarci fino alla fine dalla serata. Skepta sostiene che Chase and Status non siano in grado di combattere le proprie battaglie da soli e che per questo abbiano chiamato il nonno e lo zio: Rodigan e Shy FX.
Rebel Sound
I veri protagonisti della serata. Scaricano sulla platea bombe a ripetizione sotto forma di special con livelli di pazzia mai toccati. Il vero re della competizione è David Rodigan. Sir David affronta la sfida con il piglio deciso di chi ha un’esperienza decennale in fatto di clash. Sempre puntuale negli speech, impeccabile nella gestione del tempo, gioca con il pubblico: da grande selecta ne coglie gli umori, se ne lascia trascinare e li indirizza. Capisce chi sono i suoi veri avversari: indulgente con Stone Love, non perdona i BBK (prima di farli chiamare Best Batty Kissers da Ninjaman, spiega a Skepta e compagni che si trovano a un clash e che in un clash si tagliano i dubplate, non si va sul palco a cantare i propri pezzi), mentre tratta A$AP Mob come un gruppo di novellini (dice che gli dispiace per Rocky, che non ha pensato affatto di muovere il culo da Harlem per farsi fare qualche dub più ricercato e gli consiglia di trasferirsi ad Atlanta, e non farsi più vedere dalle parti di Harlem). Non resta che prostrarsi di fronte a King David Rodigan.
Momenti top. Troppi. Dalla partenza con un video di Trevor McDonald che demolisce la reputazione degli sfidanti, alle decine di special suonati nei vari round, tra cui Miss Dynamite, Capleton, Wilkinson, Emile Sande, Pusha T. Il secondo round andrebbe citato tutto, non a caso è qui che RamJam prende in mano la situazione e guida il gruppo alla vittoria. Special a raffica: Sampha, Beenie Man, General Degree, Shabba Ranks, Ward 21, Damian Marley, Eek A Mouse, Max Romeo, fino a un incredibile Dizzee Rascal su Easter Jam da pelle d’oca. Ma l’apice viene toccato quando Tempa T dapprima presta la voce per la counteraction di “That’s not me” e per una version di “Next Hype” che fa urlare le masse, e poi compare sul palco in accapatoio da pugile lasciando sgomenti i Boy Better Know e scatenando la pazzia tra le genti. È questa la mossa vincente del clash, se ne parlerà per giorni. Il coronamento della serata arriva al quarto round, quando la voce di Rihanna ci informa, sulle note di “We found love”, che Rebel Sound ha ucciso tutti i suoi contendenti.